Lo scudetto più inaspettato, e quindi probabilmente il più bello. Davvero, alzi una mano chi l’avrebbe il 17 maggio, giorno di gara 3 a Treviso. Fino a quel momento la Virtus era quella “da ottovolante” di tutta la stagione, con alti e bassi enormi, anche all’interno della stessa partita, e grossi problemi difensivi. Dall’intervallo di quella partita - e dal famoso confronto in spogliatoio - è cambiato tutto. Da lì in poi la Segafredo si è trasformata, ed è diventata quella che tutti sognavano da inizio anno, ovvero una corazzata, ma soprattutto una squadra con la “S” maiuscola, in cui tutti difendono, le gerarchie sono perfette con una rotazione a 10, visto l’infortunio di Tessitori e l’esclusione di fatto di Adams. Questo, è l’enorme crescita degli italiani - Pajola in primis ma non solo lui - ha portato Djordjevic ad avere una squadra lunga con un altissimo livello di fisicità e di energia, superiore a quella di Milano, dove gli italiani, che in Eurolega avevano giocato poco o nulla, non si sono dimostrati all’altezza della situazione. E così, paradossalmente, una squadra con una ventina di giocatori sotto contratto e costata ben più della Virtus si è ritrovata con le rotazioni corte, oltre che svuotata fisicamente e mentalmente.

Difesa, si è detto, la chiave è stata questa. In quattro partite Milano è stata tenuta ad appena 67 punti di media, e ieri nel secondo tempo ha segnato 19 punti. E davvero tutti hanno dato un grande contributo, anche giocatori - come Teodosic e Belinelli - per cui spesso la difesa non era sembrata la specialità della casa.

E poi, è stata anche la vittoria di Sale Djordjevic. Anche lui, come e più della squadra, è stato sull’ottovolante, e dopo l’esonero e reintegro di dicembre era stato fortemente criticato (anche con delle ragioni) dopo la bruciante sconfitta con Kazan. Qui ha avuto meriti evidenti, avendo creato un gruppo vero e unito, e portato la squadra al top della condizione fisica e mentale nel momento decisivo. Prima dei playoff pensare a una sua conferma era impossibile, adesso quantomeno se ne parlerà, anche se girano già nomi di sostituti (Scariolo, in primis) e di possibili destinazioni per lui, Kazan. Ma solo il fatto che la possibilità ci sia fa capire la portata del risultato storico che è stato raggiunto: uno scudetto che mancava da vent’anni - dopo radiazioni, riaffiliazioni, gite enogastronomiche e tre stagioni in A2 - è qualcosa che resterà per sempre nella storia della Virtus. E comunque il coach serbo in due anni solari e poco più ha vinto due trofei, con una pandemia in mezzo. Mica poco.

Quattro anni fa la Virtus veniva promossa dalla serie A2, e Zanetti dichiarava scudetto in cinque anni. Lo stesso patron, dopo la bruciante sconfitta con Kazan, aveva detto ora pensiamo ai playoff. In pochi ci credevano, ma oggi è successo, con la bellissima dedica ad Alberto Bucci. Di strada ne è stata fatta tanta, la crescita della società è stata massiccia e veloce, l’intenzione della proprietà è quella di farne ancora, con l’obiettivo puntato sull’Eurolega.

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