FORTITUDO, IL DOPOPARTITA DELLA RETROCESSIONE
E alla fine bisogna davvero dirlo, su coraggio per un tifo innamorato ma che si è trovato davanti a guerrieri di carta igienica spompi e privi di qualsiasi capacità per fare quello che sarebbe servito a tenere accesa la fiammella salvezza. Se ne dovevano vincere due di fila - e già qui sarebbe stata tanta roba, dato che mai la doppia è uscita in stagione - ma si è preferito tagliare la testa al toro fin da subito. Con una prova mediocre, simbolo di una annata dove non se ne è azzeccata una, nemmeno per sbaglio. E qui non è questione di non volere il bene della Fortitudo, come troppe volte lamentato da una dirigenza con eccessi di autoindulgenza: lo dice il campo, impietoso e unico giudice di tutto quello che ci sta dietro. Se poi vogliamo aggrapparci alle favoline della sfortuna, della pandemia (come se fuori dalla provincia di Bologna nulla fosse successo) e altre marmotte che confezionano la cioccolata, facciamolo pure. Ma sarebbe prendere in giro la realtà.
Stranieri sbagliati prima e dopo, italiani su cui troppo si è puntato guardando la confezione ma non il contenuto, l'incapacità di garantire un ambiente sereno: alla fine ieri il Paladozza non è nemmeno esploso dalla rabbia (e Feitl, dalle sue battute di pesca, si sarà chiesto come mai a lui tirarono le uova e qui - per fortuna, civilmente si potrebbe dire - nemmeno un fischio oltre il limite dei decibel), forse rassegnato al peggio o forse convinto che la retrocessione possa essere l'unico modo per ripartire e fare piazza pulita. Di una dirigenza che ha fatto bene fino al febbraio 2020 e poi ha palesato troppi limiti, di una squadra fin troppo acefala, di uno staff tecnico che ha le sue colpe come tutti. Quasi a dire, ecco, meglio depurati in A2 che non avanti in questo modo: sarà la soluzione? Però oggi è davvero il giorno di iniziare i giudizi, e questi possono solo essere impietosi.
Poi chiaro, c'è stata anche la partita di ieri. Con i disastri del presunto regista, ad un certo punto panchinato per manifesta mediocrità, la prima punta che si è nascosta, il tiratore che ha fatto 0/10, lo strazio a rimbalzo (37-54), e una Napoli mediocre, mediocrissima, che non ha nemmeno tanto dovuto soffrire per portarla a casa. E che possa essere l'occasione per piantarla con la retorica del pubblico, del Paladozza eccetera, meravigliosa foglia di fico per chi altri argomenti non ne ha: perchè la Fossa, la gente, può anche sostenere la truppa dal primo all'ultimo minuto. Ma se il play non sa che fare con la palla, se il lungo non mette i liberi, se gli esterni non sanno difendere, non potrà mai essere il coro extra a renderli non diciamo fenomeni, ma almeno "giocatori". Con un record casalingo di 6-9, mai peggio nella storia recente (si deve tornare ad un 5-8 di 43 anni fa), strada non la si fa, e non si dica che è colpa della pandemia. No, è colpa di tutti, tranne che del tifo.
E una curiosità finale: Reggio, già nei playoff, domenica non si sarebbe giocata niente o quasi. Ma questa Fortitudo, diciamo, non avrebbe garantito verve nemmeno davanti a gente satolla.
Più su - Forse qualcosa da Groselle, che almeno la faccia ce l'ha messa. Che poi i liberi siano mattoni, ahilui, lo si sa. Ma ieri guai a dirgli qualcosa.
Spalle al muro - L'impresentabilità di Durham. La prova svogliata di Benzing. Le solite inaccettabili mancanze difensive di Aradori (citofonare anche l'ultimo non tagliafuori su Parks), ancora meno digeribili se davanti non ci si propone praticamente mai. Ma, in generale, si retrocede tutti insieme. Specie quando la squadra non ha un leader, un capitano, un qualcuno a cui affidarsi nei momementi difficili. No, la totale mediocrità. E lo dice il campo, non il voler essere prevenuto o altre pinzillacchere.
(Foto Rifle)