Sono giorni difficili, per chi prova a raccontare il basket, e lo sport in generale, non avendo nulla da raccontare, se non altro in ambito di attualità. Si parla di protocolli medici, di finanze, lasciando per forza di cose il giocato, la palla che rimbalza, in attesa che qualcosa venga dall’alto deciso e, soprattutto, in attesa che il mondo migliori. E allora, ve ne sarete accorti, tutti i giornali sono stati costretti a ripiegare sulle memorie: racconti di anniversari di partite storiche, richiami ad antichi eroi di un basket che fu fino a risalire a tempi in cui l’universo era ancora in bianco e nero (inteso come immagini e non come colori sociali).

Lo proverò a fare anche io, da domani, andando a raccontarvi qualche storia di quelli che sono stati gli allenatori della Fortitudo, diciamo, degli ultimi 40 anni o poco meno. Raschiando tra le mie memorie, usando spesso la prima persona non per presunzione ma per cercare di illustrare qualcosa che non sia il classico resoconto cronologico di vittorie e sconfitte. Partirò da Andrea Sassoli: potrei andare anche un pochino più indietro, ma lì si tratterebbe del dover riportare da altri, e preferisco il metterci quasi tutto di mio, magari sbagliando ma restando nella genuinità dei ricordi di chi, diciamo dal 1984 in poi, di partite se ne sarà perse 4-5 in tutto.

Buona lettura.

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