Pino Sacripanti, ospite a L’Osteria del Basket – Nel bosco non solo mirtilli di Venerdì 10/02/2024

 

Come va la salute?

Sono come nuovo, mi sono messo a posto. Insomma, uno non conta mai il proprio fisico, non ci bada mai. Ogni tanto ti dice che bisogna fermarsi. A parte tutto, è andato tutto bene, siamo come nuovi, vogliamo ripartire.

 

Benissimo. Parliamo di Fortitudo. Da tecnico, te l'aspettavi che arrivasse a questo punto, visto l'inizio della stagione? Con un roster che aveva fatto un po' storcere il naso con i due americani sotto canestro.

Io onestamente me l’aspettavo per diversi fattori. Innanzitutto perché sono un estimatore di Attilio e so che quando ci mette il suo zampino, il suo modo di difendere, il suo raddoppio su tutti, diciamo che ha sempre una grande influenza.

 

Passiamo alla Virtus. E’ noto che preferisci giocare con centri di peso. Quanto può incidere Zizic nei play off, visto che è un pivot “lungo” di quelli classici come piacciono a te?

Innanzitutto, c'è una grande stima di Luca come allenatore, quindi credo che possa dare tanto. (Zizic) gli dà un'altra dimensione più interna, una dimensione anche di grandezza fisica dei blocchi. Credo che sia molto importante. Hanno aggiunto una bella freccia al loro arco e gli può dare una dimensione maggiore in questo.

 

La differenza fra la Virtus in cui c'eri tu e la Virtus che vedi adesso a livello dirigenziale? Faccio anche una “sottodomanda”: quando arrivasti tu, io penso che il progetto, anche per un tifoso non insider, fosse già abbastanza chiaro: si stava facendo sul serio. Poi magari a te non hanno dato la possibilità, ma so che quasi tutti i tifosi della Virtus sono dalla tua parte. Vedi un cambio al di là degli investimenti?

Guarda, ti parlo in maniera molto personale, per me fu veramente una brutta notizia quella di dover abbandonare, tra l’altro proprio nella giornata in cui il buon Albertone ci lasciò. Ecco fu un momento molto difficile. Io ero venuto alla Virtus e c'era stata grande richiesta, da parte della dirigenza, di andare molto bene in coppa. Era una cosa che interessava e in coppa, oggettivamente, andavamo molto bene. In campionato, se non erro, eravamo settimi-ottavi, una cosa del genere, eravamo lì. Abbiamo iniziato anche abbastanza bene. Poi ci fu la problematica di Brian Qvale nel ruolo del 5. E per me fu veramente un grandissimo dispiacere, al di là che Bologna è una città bellissima, una città del basket, una città meravigliosa. La Virtus è un posto meraviglioso dove allenare, perché c'era un campo a disposizione, con tutta una struttura veramente meravigliosa. Ma soprattutto avevo capito che l'anno dopo si iniziava a fare sul serio a livello d’investimento, perché era già molto segnata [la via]. 

Era la prima volta (in carriera ndr) che sapevo che, l'anno dopo, potevo contare su un progetto Virtus molto, molto ambizioso. Lo si capiva giorno per giorno con Baraldi, Ronci, con il dottor Zanetti e questo mi ha dato un grandissimo dispiacere. Però non mi meraviglia assolutamente dove sono adesso, di dove stanno arrivando e cosa vogliono fare, perché non è altro che il proseguimento di quello che si faceva e che si aveva in testa prima.

Fortunatamente, anzi, un po' sfortunatamente, “praticamente” io arrivai alle Final Four della Champions League, proprio all'ultima partita prima. Noi eravamo arrivati benissimo in Champions, abbiamo fatto un percorso meraviglioso. Onestamente non averle giocate mi ha dato veramente molto fastidio, è stata una cosa che ho vissuto un po' come immeritata, un'ingiustizia. Però, devo dire la verità, sono sempre stati molto professionali, una società che non ti ha fatto mancare niente. Si vedeva che c'era un progetto molto ambizioso e ora sono dove sono e auguro anche che possano fare il meglio possibile, non solo il campionato, ma anche rappresentando l'Italia in Europa insieme a Milano. 

Quindi c'è questo grande rammarico. Però c'è un ricordo di Bologna bellissimo, un rapporto con la curva, anche coi tifosi, ancora adesso.

Tra l'altro ti dirò una curiosità: quando sono stato male e ho fatto delle operazioni per calcoli renali, (poi sembrava quasi qualcosa di più serio, invece, grazie al cielo, non era niente di che) ho avuto tantissimi messaggi di solidarietà da parte dei tifosi bolognesi. Questo veramente mi ha riempito di gioia. 

 

A proposito dei centri, Qvale era un centro che, forse, nelle intenzioni, era simile ai centri che ti piacciono, ma a causa infortuni giocò quasi solo Kravic. Quanto fu difficile adattare il gioco a un centro atipico?

Io penso che Kravic, intanto, fu una bella scoperta. A livello economico era un centro emergente. Lo stavo guardando, veniva dalla Grecia, l’avevo sotto osservazione. Come, onestamente…non che io l'abbia scoperto, però mi si deve dare un po' atto che su Kevin Punter, io insistetti, lo volevo prendere in tutte le maniere. Mi sembra un giocatore molto importante. Tornando a Kravic, fu una scommessa totale che noi facemmo, un giocatore molto atipico. Credo che in alternanza con Brian potesse essere una possibilità di gioco frontale, di questi short roll, di questi “mezzi uncini” che lui aveva. Il problema vero fu che Brian ne giocò poche di partite, aveva questi grandi problemi alla schiena, faceva un po' di fatica sotto questo aspetto.

 

Ti faccio l'ultima domanda telegrafica, quindi risposta telegrafica. Qual è stato il giocatore più forte che ti sei trovato allenare?

Metta World Peace. Quello che mi impressionò, in 10 giorni, fu il cambiamento che fece in palestra. Onestamente i primi allenamenti… sai, tu inserisci uno, lo metti dentro con tutta questa pressione mediatica e faceva fatica a fare due campi. Ho detto: “Cosa faccio”?. Sono bastati 10 giorni. Poi quando entrava in partita, io uno così tosto, così duro, non lo avevo mai visto.

 

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