FORTITUDO - VARESE, IL DOPOPARTITA
Sacchetti non l’ha mai vissuto sulla sua pelle da avversario, ma glielo dovranno aver raccontato, di come erano certe partite al Paladozza. Quando la squadra gigioneggiava, poi a metà terzo quarto capitava qualcosa che faceva scattare l’esplosivo: poteva essere un fischio sbagliato, un tecnico, un recupero, ma la curva alzava i decibel e, come un’onda, alzava il surf della Fortitudo portandolo, in tutta serenità, vincente in riva. Tutta roba dimenticata, in una Unipol che ha faticosamente scollinato quota mille e che non ha potuto dare, per tanti motivi, quel quid a cui eravamo stati abituati per anni, anni e anni. E alla fine, ritrovatasi quasi sola – la gente ha tirato fuori qualche coro solo dopo il buon momento attorno al 25’, ma andando più a ruota che non proponendosi – ecco arrivato l’afflosciarsi e tutto il resto, con anche qualche sibilo finale verso il coach. D’altronde siamo 0-2, non ci sono segnali di crescita, ed è normale che qualche testa inizi a grattarsi.
Al netto dell’acustica, ieri le cifre sono poi semplici da interpretare, per chi ha tirato i liberi con il 50% o poco più e ha concesso il 50%, su 34 tentativi, agli avversari. La squadra continua a sembrare un gruppo di giocatori anche di buona volontà ma tra i quali non ci sono connessioni salde al punto da poter avere certezze, e se davanti questo si trasforma in assalti frettolosi (ma nemmeno tanto scalcinati, perché 83 se ne sono fatti) ecco che dietro ci sono continue chiusure imprecise e troppi, troppi spazi concessi. E a giocare a farne uno di più allora andrebbe messo a canestro qualsiasi cosa, qualsiasi. Anche i liberi.
Poi, ovvio che il discorso non può non tornare sulla platea. Aver fatto 1100 biglietti, ovvero la metà o quasi dei disponibili invenduti, si apre al classico seguirà dibattito. Vero che senza la Fossa – forse la prima della storia o quasi, a parte qualche “tutti fuori” per motivi specifici, de-curvizzata – molti posti erano tornati in circolo, ma pochi ne hanno voluto usufruire e al netto delle difficoltà logistiche di far biglietteria in poche ore, questo è un segnale che non può passare in cavalleria, e che forse cela una leggera scollatura tra pubblico e società. Saranno i prezzi, la mancanza di vendita on line, sarà il dover giocare in campo neutro, le mascherine eccetera, ma qualcosa è andato storto. Al punto da pensare, in tutta leggerezza, che spostarsi oltre Reno per rendere disponibili posti non utilizzati chissà se ne è valsa la pena: forse, al Paladozza, 1100 avrebbero fatto più fattore campo che non là dove si è scelto di giocare. Ma sono solo discorsi fatti per riempire righe, punto.
La Fortitudo è una regola - Fantinelli sta facendo il boia e l’impiccato per tenere la squadra unita, ma chissà se non gli stia mancando quel termometro della situazione che Leunen gli offriva anche quando faceva virgoloni. Benino Fletcher e Palumbo, riga.
Ci stiamo sbagliando ragazzi - Qualcuno ci spieghi se Happ era questo anche a Cremona, perché vanno bene le doppie doppie ma un lungo non perimetrale che tira con il 39% e non difende non sembra funzionale alla questione. Poi ci sta che la panchina sia indietro, ma qui servono prima di tutto i titolari, amen.
(Foto Valentino Orsini - Fortitudo Pallacanestro 103)