La terza sdentata contro una squadra dei bassifondi arriva forse nemmeno tanto a sorpresa, visti i segnali degli ultimi tempi e la condizione di nervosismo tribale che si sta portando avanti da troppo tempo una Fortitudo senza capo nè coda, che di fatto ne inserisce uno al posto di tre (e tra una cosa e l'altra, Candussi dentro e il trio Biordi-Paci-Davis fuori, appena saluterà l'USA, per le casse non è un esborso, anzi). Ma Ravenna dimostra che il problema non è tecnico quanto piuttosto di mentalità, di voglia, e soprattutto di coesione per chi ormai in campo va di testa propria e solo quando è proprio messo all'angolo ricorda che c'è una maglia, un pubblico e una dignità da salvare. E questo fa ancora più storcere il naso, per una piazza che vorrebbe messo in pratica tutto l'ambaradan delle dichiarazioni su come sia bello essere qua eccetera: invece, in partita, vincono dinamiche centrifughe ed egoiste.

Non c'è molto da raccontare sulla gara, se non vedere il volto di un Dalmonte che poco può davanti all'ennesimo primo tempo di malavoglia, palle perse, difese nemmeno accennate e giocatori che si passano la palla proprio perchè devono. E allora, che sia chiara una cosa. Questa Fortitudo non la salverà un cambio in panchina nè tantomeno la milionesima narrazione sull'abbiamo capito che dobbiamo fare quadrato. Quello che serve è un puro e semplice appello, su chi ha veramente a cuore la faccenda e i colori biancoblu, e chi invece viaggia solo per opportunismi o gerarchie inamovibili. Dentro i primi, fuori i secondi. Di telenovele, tradimenti, falsi consigli e risultati che sono figli di questi strappi, insomma, non se ne vorrebbero vedere. Quindi, che non si guardi in faccia a ruoli, ufficiali o ufficiosi, dentro o fuori dal campo, e si capisca chi vuole il bene della Fortitudo o il proprio, e si agisca. Altrimenti, tutte le dialettiche su consorzi, soci, passi che non devono essere più lunghi della gamba, calore della piazza, més que un club, sono solo effimere sillabe.

Ed ero contentissimo - Si può dare la sufficienza al solo Panni, che dirigerà tremulante ma quando sa di non poter essere cambiato, e di poter tirare a proprio piacimento, qualcosa lo tira fuori.

Non me lo so spiegare - O forse ce lo si spiega benissimo. Ad ogni modo, il trio Barbante-Italiano-Aradori. La sparizione di Thornton, il nervosismo di Cucci. Alla fine Davis risulta quasi innocente, nel suo limitarsi al proprio. Che è poco, nulla, ma almeno non è confuso.

(Foto Valentino Orsini - Fortitudo Pallacanestro 103)

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