Marco Belinelli è stato sentito dal Corriere della Sera. Un estratto dell'intervista.

"Non ho ancora realizzato esattamente quello che è successo. Mi sento come se mi mancasse una parte di me. La prima reazione è stata di incredulità. Mi sono sentito svuotato. Non poteva essere vero. Non doveva essere vero. Stavamo per scendere in campo ma nessuno di noi ne aveva più voglia. Una sensazione difficile da spiegare.
Le infrazioni volontarie? Da brividi. Perché non pensi mai che una cosa del genere possa accadere al tuo idolo. Pensi che sia immortale. E sentire durante quel minuto di silenzio irreale, con solo il rumore del pallone che rimbalzava per terra, il pubblico cominciare a urlare "Ko-be, Ko-be, Ko-be", sempre più forte, è stato davvero toccante. Un'emozione che non dimenticherò mai.
Quando ci ho giocato contro ho dovuto anche marcarlo... Insomma, marcarlo, diciamo che ci ho provato. Già conoscerlo è stata un'emozione per me. Toccarlo, cercare di rubargli la palla, vederlo da vicino. Prima della partita mi ha salutato: "ciao Marco" mi ha detto, in italiano. Mi conosceva, conosceva il mio nome e mi parlava in italiano. Il mio idolo! Mi sono sciolto.. L'ho affrontato tante volte, in ogni partita lo guardavo per imparare qualcosa. E forse per il fatto che sono italiano ogni volta chiacchieravamo un po' insieme. L'Italia gli piaceva, era evidente. Avevamo lo stesso sponsor, è capitato di fare cose insieme per la Nike. Parlavamo anche di calcio, io interista lui milanista. Poi un giorno leggo sui giornali una sua intervista in cui parla bene di me come giocatore: mi sono venuti i brividi.
Sono rimasto deluso dal fatto che in Italia le prime pagine abbiano dato più spazio al calcio che a lui. Sono andato a vedermi tutti i giornali: lasciamo perdere gli Stati Uniti, dove da ieri non si parla d'altro, ma in Spagna, in Francia... solo lui. In Italia invece niente: e pensare che era un po' italiano anche lui. Imperdonabile"

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