I RICORDI DI DAN PETERSON: BOLOGNA MI PAREVA LA CITTA' PIU' BELLA DEL MONDO
Dan Peterson (che presenterà alle 18 in Sala Borsa il suo libro "La mia Virtus") è stato sentito da Walter Fuochi per Repubblica. Un estratto dell'intervista.
"La Bologna del 1973 a me pareva la città più bella del mondo. Avrei voluto il cellulare, allora. Per scattare una foto ogni dieci metri. Bellezza ovunque e Porelli che mi raccontava ogni angolo dei portici, lui che sapeva esattamente quanti chilometri sommavano. E poi, qualità della vita. Amici, cene, serate con la chitarra. E i settemila tifosi al palazzo.
Ho ricordi stupendi anche degli anni in cui non vincemmo. Quello con Tom McMillen, giocatore meraviglioso, i due con Villalta, che sarebbe poi diventato un pilastro. Le vittorie pesano di più, e allora due, scolpite qui. Coppa Italia ‘74: il nostro modo per dire a Milano, Varese, Cantù: ehi, la Virtus è tornata, non siete più sole. Scudetto ‘76 a Varese. Mi pare sempre un minuto fa.
La rivalità tra Virtus e Milano? Non metto il naso in dettagli che non conosco, so che la rivalità nello sport è pane quotidiano.
Ero salito a Milano e la Virtus fu quella che subito mi portò via due scudetti. Rivalità forti anche allora, poi però a Bologna ci sono tornato. A Porelli non potevo dire di no. Ero stato per cinque anni con lui a pranzo e a cena. Ascoltavo e imparavo.
Messina o Scariolo? Eh no, al gioco della torre non ci sto. Vedo invece i due più grandi allenatori italiani, due che ci troveremo presto nella Hall of Fame americana, alla guida dei due maggiori club e credo faccia bene a tutti. Diversi, con carriere infinite, impossibili da scegliere, è prestigioso riaverli entrambi qui.
Teodosic o Richardson? Sugar venne quando tornai alla Virtus. Merito di Porelli, soprattutto. Gli eravamo legatissimi, e non solo perché in campo era un giocatore totale, play, guardia, ala, tiratore, ma anche rimbalzista e difensore.
Rapido, ma pure grande e grosso: 1.95 usati bene. Okay, Teodosic oggi è di più. Spettacolare, ma di sostanza. Può fare il passaggio più fantasioso, ma se serve per vincere fa quello più normale.
Per Scariolo: un Picasso. Per mia moglie Laura, che lo adora: scenografico. Io ripeto che è lì per vincere, non per incantare.
Bada al sodo e sgrida i compagni che non lo fanno. Lo guardai in campo quando vinse lo scudetto con Djordjevic. Lo premiavano da Mvp, gli fregava poco: era lo scudetto quello che voleva"