Djordjevic e Sacchetti, in rigoroso ordine alfabetico, sono due allenatori che hanno un passato molto simile. Entrambi hanno indossato calzettoni e canotta, entrambi lo hanno fatto anche in Nazionale, entrambi hanno vinto. Tuttavia, pur con un pedigree simile, hanno stili di gioco differenti. Di Djordjevic si percepisce subito l’influenza di un basket a 360°, e grazie proprio ad un peregrinaggio in diversi stati, dove le culture cestistiche sono diverse, la sua idea di pallacanestro è assai più ricca. Sacchetti, invece, è ben radicato a principi solidi, fatto di un sistema che da molto spazio ai singoli, penalizzando in certi aspetti una coralità che in serate di magra al tiro non ti permettono poi tanto.
Nel dettaglio il derby di ieri ha regalato già diversi spunti tattici, legati sicuramente ad un vantaggio in termini di costruzione di squadra (la Virtus in questo è più avanti, forte di svariate riconferme) ma anche di situazioni di gioco. Nel dettaglio, tolto l’impasse inziale dove il pornobasket ha dominato, s’è visto fin da subito di come la banda di coach Djordjevic ami correre in contropiede occupando in maniera magistrale le corsie del campo, con la palla che ha viaggiato spesso da un lato all’altro, lasciando così il corridoio centrale terra per il lunghi. E qui, Alibegovic, Gamble e Hunter hanno fatto vedere i sorci verdi al reparto lunghi biancolbù, decimato con l’assenza anche di Mancinelli, ma di fatto incolpevole perché spesso preso sottonumero.
Un altro aspetto sono le situazioni offensive a metà campo con difesa schierata. Detto che avere Teodosic aiuta eccome, tuttavia la struttura offensiva della Virtus ha creato non pochi grattacapi ad una difesa della Fortitudo ancora imballata nelle gambe, e che ha saputo sfruttare al meglio un gioco dove in cinque costruiscono il vantaggio. Di là, invece, forse perché abituati da una stagione e mezzo con Martino il quale ha anche lui un sistema di gioco in perenne movimento, è sembrato tutto molto “fermo”, dove se non fosse stato per Banks e alla fine per Aradori, non si sarebbe arrivati nemmeno a 70 punti, stante una difesa bianconera abbastanza sulle gambe, aspetto che Djordjevic sa bene che dovrà far crescere se vorrà competere con Milano ed in Coppa.
Il basket non è matematica pura ma piuttosto è filosofia. Il sistema di Sacchetti, che in passato gli ha regalato scudetto e Coppa Italia, oltre che la cravatta da CT della Nazionale, non è meglio o peggio di quello di Djordjevic e viceversa. È un sistema diverso che però, ieri, a tanti tifosi alla Unipol Arena non è piaciuto. Forse può aver regalato poco, specie a chi ha perso, ma ai due allenatori ha dato svariati spunti sui quali lavorare per costruire la versione migliore delle proprie squadre. Djordjevic, in vantaggio come chimica di squadra, sa che dovrà chiedere di più in difesa, cercando di ridurre al minimo i blackout in quel reparto. Sacchetti sa che deve costruire prima di tutto una squadra e cucirle addosso il sistema migliore per far si che Banks ed Aradori non si pestino i piedi e che, soprattutto, si passino la palla con più continuità, cercando di capire se serve un altro giocatore a dare ossigeno a Fantinelli (detto che Sabatini Junior non è ad oggi prontissimo per la massima serie), se Whiters sia meglio da ala piccola o da ala forte e se Fletcher non sia davvero solo un omonimo parente della Signora in Giallo. Ma di tempo ancora ce ne, e non saranno di certo questi derby che toglieranno lustro a due allenatori di cotanto spessore.

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