RECALCATI: SACCHETTI E' UN ALLENATORE CHE NON SI DISCUTE. MA IL PROGETTO CLUB ITALIA NON E' REALIZZABILE
Nel ventennale del primo scudetto Fortitudo coach Charlie Recalcati è stato intervistato da Damiano Montanari su Stadio.
Un estratto delle sue parole.
Alla squadra avevo parlato di aspetti diversi dalla tecnica solo dopo la sconfitta in gara 1 a Bologna (72-79). Non avevo vissuto l'amarezza delle finali perse gli anni precedenti; anzi ero arrivato da Varese, dove la stagione prima avevo conquistato io scudetto. Quella Foititudo era la squadra più forte che avessi mai allenato. Vale ancora oggi. Prima della serie di finale ero veramente fiducioso. Avevamo dominato il campionato perdendo solo tre partite e non contemplavo la possibilità di una sconfitta. Il kappaò al PalaDozza fu accolto male dal pubblico. Risalendo dagli spogliatoi, vidi che un quarto dell'impianto era ancora pieno di tifosi disperati; parlavano di una maledizione, dicevano che sarebbe finita come gli anni precedenti. Io cercai di rincuorarli, ma ammetto che qualche dubbio lo fecero venire anche a me. Con l'infortunio a Karnisovas, la nostra ala piccola titolare, dovevamo trovare una nuova struttura di squadra. In gara 1 provai un quintetto piccolo con Basile, Myers, Jaric e Pilutti assieme. Da gara 2 mi affidai ai tre lunghi Vrankovic, Fucka e Galanda, affiancati da due guardie. Vincemmo e da allora non ho più avuto dubbi sul nostro successo finale.
Il leader di quella squadra era chiaramente Carlton Myers. Mi fu di grande aiuto per tutta la stagione, dimostrando di essere un capitano vero e cercando di rasserenare Marko Jaric nei momenti in cui manifestò qualche difficoltà caratteriale. Carlton arrivava mezz'ora prima ad allenamento e si fermava dopo per parlare con Marko. Trasmise grande fiducia a tutta la squadra, anche perché ne aveva tanta in Vrankovic. In quella stagione Myers giocò spesso venti minuti, prendendosi solo quattro o cinque tiri a gara. Un giorno mi confidò che non aveva bisogno di osare di più perché si fidava dei suoi compagni e di Vrankovic, che dava grande affidabilità sia in difesa, sia in attacco.
In Fortitudo è arrivato Meo Sacchetti. Prima voglio spendere due parole su Antimo Martino, di cui sono un grande estimatore. Ha fatto un ottimo lavoro e sarei stato contento che avesse proseguito il suo percorso alla Effe. Poi ci sono dinamiche societarie che non conosco e in cui non entro. Premesso questo, Sacchetti è un allenatore che non si discute. Ha esperienza, ha portato Cremona a giocare a livelli altissimi e a Sassari ha realizzato uno storico triplete, aggiudicandosi lo scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa nel 2015. Evidentemente la Fortitudo ha ambizioni e pensa di salire nella gerarchia di Serie A nei prossimi anni.
La Fortitudo potrebbe sviluppare il progetto Club Italia? Non credo sia realizzabile. Non ci credevo per Cremona e non ci credo ora, perché non c'è stato il cambiamento di rotta necessario a livello generale. Penso che la Fortitudo che nascerà sarà la fusione di giocatori stranieri e italiani.
Le possibili frizioni Sacchetti-Aradori. Penso che tra persone intelligenti come sono Sacchetti e Aradori si troverà un accordo. Quando ero un giocatore, provai in prima persona l'amarezza dell'esclusione dalla Nazionale del CT Giancarlo Piimo due giorni prima delle Olimpiadi del 1972. Poi, però, tomai in azzurro per disputare gli Europei del 1975 e le Olimpiadi del 1976. Lo stesso mi accadde come allenatore. Rinunciai a Pozzecco, per poi richiamarlo. Così come io non persi la stima in Primo, così Pozzecco non perse la stima nei miei confronti. Nei rapporti tra giocatori e allenatori ci possono essere momenti del genere. Allo stesso modo, una volta che si rispettano le due posizioni diverse, c'è spesso il tempo per tornare a percorrere la stessa strada.