Valerio Cucci è stato intervistato da Damiano Montanari su Stadio.
Un estratto delle sue parole.

Il futuro? Non lo so, in questo momento sto pensando anche a scelte diverse per me, per la mia compagna Benedetta, che è bolognese, e per nostro figlio che nascerà ad ottobre. Si chiamerà Lucio, il connubio perfetto tra un simbolo di Bologna come Dalla e Roma.
sono in scadenza di contratto. La mia eventuale permanenza sarà una scelta della società, ma la mia famiglia avrà comunque la precedenza.

La stagione passata? Mi rimane tutto, è stata una stagione che sono sembrate dieci, è successo un po' di tutto dentro e fuori dal campo, ma per me è stata un'esperienza magnifica. Di sicuro avrei voluto ottenere un risultato migliore.
Ti senti soddisfatto? Non lo so, me lo chiedo spesso. Ho sempre dato il massimo, probabilmente per quanto ci ho tenuto ho fatto tante stupidaggini. Ma se avessi una macchina del tempo e potessi tornare indietro, probabilmente le rifarei, perché io sono fatto così.
Quando, dopo la sconfitta in casa con Piacenza durante la fase ad orologio, mi sono girato verso i tifosi che fischiavano e ho reagito. La mia non era un'offesa, ho fatto un gesto dicendo "è tutto l'anno che mi faccio un mazzo così, non meritiamo questi fischi". Per me era una situazione paradossale. Con i ragazzi della Fossa dei Leoni mi sono chiarito. Giocavamo senza quattro titolari, sembrava un film horror, perché in quel momento arrivavamo a giocarci le partite e le perdevamo sempre.
Rimpianti? Il più grande rimpianto è stato il contraddittorio tra i tifosi che venivano al PalaDozza per vederci vincere e noi che abbiamo fatto di tutto per riuscirci. Di sicuro le notizie che arrivavano da fuori ci facevano pensare. Tutto il marasma che c'era, tra ambito sportivo e non, ha senza ombra di dubbio influenzato la nostra stagione.

Cosa ti porti dietro? L'avere giocato per la tifoseria e la squadra più bella. Sono maturato tanto e ho imparato che, con le squadre di un certo blasone, bisogna saper gestire tante cose oltre l'aspetto tecnico. Vedere la gente che ci applaudiva e che indossava la mia maglia, i cori, gli striscioni, l'affetto, è stato indescrivibile.

(foto di Fabio Pozzati)

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