FORTITUDO, IL PROBLEMA NON E' LA A2, MA DA CHI E COSA RIPARTIRE
In realtà, per chi è nato, diciamo, non ieri ma l'altroieri, la Fortitudo la A2 non è uno scandalo, ma una delle due opzioni: ci si giocò quasi un anno su due, tra il 1975 e il 1993, senza scandali nè strapparsi di vesti. Anche perchè sei volte su otto si concluse con la promozione, e quando il regolamento lo permetteva era l'unico modo per arrivare ai playoff. Tradotto: non ci fosse stata Napoli 1987, Maradona eccetera, forse non ci sarebbe stato il derby sorpasso del 1988, per essere chiari. Certo, era una A2 di livello talmente alto che ci giocava certa gente che ora farebbe l'Eurolega o l'NBA senza problemi, o che aveva fatto NBA da iperprotagonista. E con una formula che permetteva alle buone squadre, a meno di clamorosi harakiri, la pronta risalita. E la Fortitudo ci sguazzava: ok, per un anno giocavi contro Porto San Giorgio e Perugia invece che Varese e Virtus, ma intanto vincevi e poi facevi i playoff. E ti innamoravi di certi giocatori. Anche qua, per dire: il famoso Salvatore, Teo Alibegovic, in A1 con la maglia della Effe ci ha giocato lo stesso numero delle partite dello scrivente. E una in meno, primo nome che viene in mente, di quello Stojanovic tesserato inutilmente lo scorso anno per motivi misteriosi o, forse, ben comprensibili.
Poi è chiaro, che le abbuffate economiche dell'era Seragnoli e i successivi sbalzi nelle minors e le liturgie su Costa Volpino (cit.) abbiano un attimo reso complesso il capire dove collocare la Fortitudo: di fatto, nella sua storia, c'è più ascensore che non Eurolega, e nessuno gridava allo scandalo, anche perchè uno dei dogmi della tifoseria era quello per cui se volete avere, a Bologna c'è un'altra opzione. Noi preferiamo essere.
Il problema diventa come, essere. In giorni dove la proprietà continua a trincerarsi dietro autoindulgenza, assoluzioni, permalosità e quello spirito di accerchiamento per cui non fa il bene della Fortitudo chiunque osi alzare il dito e far presente certe cose, così come prima lo era chi criticava certi specifici giocatori o faceva, semplicemente, il proprio lavoro di cronaca. Ieri, in una appassionata intervista a Radio Nettuno Bologna Uno, lo stesso Teo Alibegovic chiedeva trasparenza su certe frequentazioni (e vabbè, dei cantucci senesi ormai è difficile tenere il segreto) e fortitudinità da parte di chi dirige. Pienamente d'accordo a metà con il Salvatore, perchè in questi dieci anni troppe figure si sono elevate a ruoli importanti spacciando fortitudinità a coprire voglie di protagonismo o mancanza di altre qualità. Dall'epoca della diaspora del tifo fino ad oggi, per essere chiari che non si parla nello specifico di questo o quell'attuale protagonista.
Ecco, per ripartire non serve necessariamente qualcuno che prima ancora di parlare agisca di quella specie di segno della croce laicamente fortitudino del pugno sul petto e indice verso la curva: serve un programma serio, credibilità, voglia di fare bene e se poi c'è anche il ricordo di quella volta a Genova o la foto con Schull tanto meglio. Il Papa Straniero, in questo caso canadese, non ha fatto poi tanto male nel calcio al netto di mai godudità e affini, e nessuno ha chiesto a Saputo, prima di entrare nel Bologna, se ricordasse a memoria la formazione del 7 giugno 1964. Che questa Effe sia aiutata da chi ne ha voglia. Al pedigree ci si ripenserà.