Intervistato su “Tuttosport” da Piero Guerrini, Alessandro Pajola ha parlato di perché questo Mondiale ha comunque un peso importante nella sua carriera: “Io sono del 1999, appassionato di calcio e la mia generazione è cresciuta guardando il Mondiale di calcio 2006. L'ho vissuta come una vittoria di tutto il Paese, sono cresciuto legando "mondiale" al trionfo. Eppoi arrivi qui: 32 squadre, un incrocio clamoroso di culture. Ho già avuto la fortuna di giocare le Olimpiadi, il massimo, qualcosa di magico l'estate scorsa. Qui c'è la favola del Sud Sudan, di Capo Verde. Storie e culture che si incontrano. E pensi che vivere tutti assieme, sia possibile”.

Pajola ha anche fatto il punto finora sul cammino azzurro: “Abbiamo fatto un po' quello che sappiamo fare. Di diverso qui c'è che dopo l'ottimo Europeo e la preparazione con 7 vittorie non siamo più una squadra fra tante, ma una di quelle da battere. E questo ha influito. Con le Filippine siamo stati bravi a essere noi stessi, giocare spensierati. Continuiamo con questa mentalità".

Adesso ci sarà da sfidare Serbia e Porto Rico nella seconda fase: “Ma indipendentemente da classifica e avversari dobbiamo pensare a noi stessi, fare il nostro gioco. La nostra forza è avere un'identità chiara, se la esprimiamo bene possiamo battere tutti, altrimenti si può perdere con tutti. Scendiamo in campo forti della nostra identità”.

Com’è stata la prima stagione in Eurolega per Pajola? “L'impatto è stato molto bello, la guardavo da ragazzino. Dal punto di vista emozionale un primo anno positivo, dal punto di vista fisico impegnativo. In Eurolega c'è uno stile, uno standard di gioco, qui la presenza di nazionali da ogni continente comporta un modo di giocare diverso, in parallelo con lo stile di vita”.

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