Nazzareno Italiano è stato intervistato su Stadio da Damiano Montanari.
Ecco le parole dell'ala biancoblu

Voglio una Fortitudo coraggiosa. Domenica siamo stati bravi a ritrovare lo spirito guerriero dell'anno scorso. Siamo tornati ad essere duri, brutti e cattivi. E abbiamo vinto.

Contro l'unica squadra che, nella passata stagione, era riuscita a violare il PalaDozza. Una possibile svolta a cui Italiano ha contribuito mantenendo a galla l'Aquila in un primo quarto in cui il canestro avversario sembrava piccolo piccolo ed il pallone troppo grande per entrare, corroborando poi la sua prestazione con la consueta dose di grinta e di generosità. Un cambio di marcia importante per Nazzareno, fin qui non al meglio. Risento ancora dell'infortunio patito nella serie di finale playoff contro Brescia, quando presi una gran botta alla spalla. Allora decisi di stringere i denti per aiutare la squadra, ma mi è rimasta un'infiammazione ad un tendine, che ha un po' influito sul mio rendimento, insieme all'infortunio al muscolo psoas subito in preseason. Ma non voglio alibi. Sono contento di avere dato il mio contributo: il successo della squadra è la priorità.

Per la Kontatto è fondamentale essere fedele al suo DNA operaio e guerriero. Proprio come "Nazza". Dobbiamo giocare e difendere duro per 40', prendendo gli avversari per sfinimento: non penso ci siano altre squadre che si stanno allenando come noi. La difesa è la base. In attacco puoi scontare una giornata storta al tiro, ma difendere duramente dipende solo da te. La sfortuna? Siamo la Fortitudo: che giochiamo in dieci o in sette dobbiamo imporre la nostra difesa.

Schiena piegata, giù la testa. E su la cresta. Bionda. Onestamente meglio di quella blu della fine della scorsa stagione. Dobbiamo prepararci ad altre sorprese? Non so, decido di volta in volta. Mi lascio consigliare dal mio barbiere personale Didier e dalla mia ragazza Martina. Tatuaggi nuovi? No.

Al momento sono finiti. Come la 'nduja che, due anni fa, era stato uno degli ingredienti "segreti" per cementare lo spogliatoio. I miei nonni sono venuti a portarmela al Torneo di Caserta, ma purtroppo l'ho finita da tempo.

Ora lo chef Italiano è diventato morigerato in cucina. Anche quest'anno il coach mi ha ribadito che la carriera di un giocatore passa anche da una sana alimentazione. Mi mancano un po' i dolci.

Se si vince a Mantova allora un bel tiramisù. Meglio non scrivere niente....

Meglio vincere domenica contro l'altra squadra che, nella scorsa stagione regolare, riuscì a sconfiggere per due volte la Fortitudo. Avere battuto la "bestia nera" Trieste è un buon presagio? La vittoria è sempre un buon segno. Quest'anno loro sono partiti un po' male, per cui saranno belli arrabbiati: mi aspetto una gara tostissima. Dovremo metterla sulla difesa.

Sarà anche una questione di carattere. I "quattro dello zoccolo duro" - Candi, Montano, Raucci e Italiano – dovranno confermare di essere solidi come contro Trieste. In estate siamo rimasti per dare l'esempio ai nuovi arrivati. In questa Fortitudo la leadership è del gruppo.

E Mancinelli? Lui è un leader silenzioso, come era Carraretto. Con la sua carriera avrebbe potuto fare il fenomeno, ma in realtà è un grande lavoratore e un esempio da seguire.

La leadership è condivisa. E in regia? Per giudicare dobbiamo aspettare Ruzzier.

Mentre Boniciolli è una certezza. Averlo incontrato è stata la svolta della mia carriera. Per Montano, Raucci e Candi è stato lo stesso. Ci ha responsabilizzato e fatto crescere a livello fisico, tattico e mentale. Dobbiamo essergli grati per questo.

Intanto la squadra si allena al completo, con Nikolic che sarà tesserato lunedì al posto di Roberts, che domenica andrà a referto per l'ultima volta.
Oggi alle 18 - infine - amichevole a porte chiuse con Cento.

Foto Fabio Pozzati / Iguana Press / Fortitudo Pallacanestro Bologna

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