Nonostante le evidenti difficoltà provocate dal Covid, il mondo del basket sta cercando di reagire alla pandemia e sembra aver trovato delle soluzioni piuttosto buone, almeno per quanto riguarda l’NBA. Certo, le difficoltà ci sono state e continuano ad esserci: convivere con il virus non è sicuramente una passeggiata. Tuttavia, il protocollo “Salute & Sicurezza” di ben 158 pagine redatto ad inizio stagione sembra funzionare: la regular season non è a rischio per il momento ed i contagi sono stati relativamente pochi fino ad ora. Il problema però è un altro ed è legato all’alto numero dei giocatori costretti all’isolamento da contact tracing, che altera in modo significativo tutti gli equilibri della squadra e ha fatto saltare, di fatto, già troppi match. Nonostante questo, i tifosi continuano a partecipare attivamente, anche con le scommesse: ad essere vitale dunque è l’intero mondo del basket, che per certi versi potrebbe essere preso come esempio.


  • Scommesse sul basket e arene aperte: com’è cambiato il tifo con il Covid


C’è infine un ultimo aspetto che merita di essere considerato ed è legato alla tifoseria, che da sempre ha rappresentato un punto fondamentale nello sport e nell’NBA ancora di più. Con la riapertura al pubblico di alcune arene le cose sembrano essere in parte migliorate, ma non si può certo dire che la situazione sia la stessa di prima. Rimane invece attivo il settore delle scommesse sul basket, che anzi ha registrato addirittura un aumento degli utenti nell’ultimo periodo. Gli operatori del settore hanno infatti confermato un trend positivo, non solo oltre Oceano ma anche in Italia dove rimangono ancora molti gli appassionati di basket. I tifosi continuano a partecipare attivamente, puntando sulle sorti delle partite: sono sempre numerose le scommesse NBA e in moltissimi vanno a cercare su sitiscommesse.com statistiche, pronostici ed informazioni in merito.

  • NBA: il campionato non rischia di interrompersi


I tifosi possono sicuramente stare tranquilli, per il momento, perché questi primi mesi di regular season hanno dimostrato che il protocollo anti-Covid NBA sembra funzionare. Il campionato dunque non dovrebbe essere a rischio e nessuno ipotizza una sua interruzione, salvo naturalmente imprevisti ad oggi non considerati. D’altronde, il periodo di picco massimo dei contagi è stato superato e ci si augura che con la crescente diffusione dei vaccini la situazione vada verso un miglioramento progressivo.

  • Il protocollo “Salute & Sicurezza”: com’è cambiato l’NBA con il Covid


Indubbiamente però l’intero mondo dell’NBA è cambiato con il Covid e non poteva essere altrimenti. Dopo la sperimentazione dell’ormai famosa bolla nella scorsa stagione, quest’anno si è deciso di optare per un protocollo alquanto rigido che sta dimostrando la sua efficacia ma sta anche inevitabilmente cambiando le dinamiche tra giocatori e pubblico.

Il protocollo è decisamente corposo, visto che è composto da ben 158 pagine, e sarebbe dunque impossibile per noi spiegarlo passo passo. Elenchiamo però alcuni dei suoi punti più importanti:

  • Divieto per i giocatori di partecipare a feste o eventi con 15 o più persone (in quanto considerati a rischio assembramento);

  • I giocatori positivi devono rimanere 10 giorni + 2 sotto osservazione, rigorosamente lontani dai campi d’allenamento;

  • Tutti i giocatori, i membri dello staff medico e gli allenatori devono sottoporsi a 2 tamponi giornalieri, uno molecolare ed uno rapido;

  • Tutti gli altri collaboratori facenti parte dello staff devono sottoporsi ad un tampone al giorno;

  • Secondo il contact tracing, i giocatori che sono entrati in contatto con un soggetto risultato poi positivo o a rischio devono stare in isolamento 72 ore prima di effettuare il tampone e non possono dunque entrare in campo;

  • Tutti i giocatori devono indossare il Kinexon SafeZone, un braccialetto appositamente ideato per riuscire a tracciare tutti i possibili contatti a rischio.


Questi sono solo alcuni dei punti previsti dal Protocollo NBA, che come si può immaginare è decisamente rigoroso ma sembra stia funzionando.

  • Il problema del contact tracing nell’NBA


Uno dei problemi maggiori è legato al contact tracing, ossia al sistema di tracciamento che viene effettuato sui giocatori dell’NBA. Più che per i casi di positività infatti, è stato per via dell’isolamento obbligatorio di 72 ore che diverse partite sono già saltate.

Bisogna anche considerare che non poter partecipare all’allenamento si traduce per alcuni giocatori in un maggior rischio di infortuni, il che non fa che peggiorare la situazione. Per disputare una partita è infatti necessario che la squadra disponga di almeno 8 giocatori, ma per via del contact tracing spesso questo non è possibile. Emerge dunque una criticità del protocollo, che va a influire sulle date dei match e di conseguenza sulla durata del campionato, che potrebbe protrarsi oltre i termini previsti.
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