E che liberazione sia, per la Fortitudo che vince la partita che non poteva perdere, riuscendo per la prima volta nella sua storia a salvarsi da una lotta per non retrocedere in A1. Lo fa alla fine di una partita prevedibilmente faticosa, brutta e sporca, ma con intelligenza e cuore che sono arrivati laddove altro non poteva arrivare. La vincono un po’ tutti, andando a coprire errori di tanti altri (visti i minutaggi degli esterni, siamo proprio certi che Stojanovic…?), ma quello che conta è il risultato finale, quello c’è stato, e ora si goda per quel che c’è da godere. Per i giudizi di fine anno ripassare, oggi non sarebbe giusto.

Si parte con Unipol Arena dal pubblico autorizzato più rumoroso del solito, e con Fossa presente in presenza prima – all’arrivo del pullman della squadra – e in virtuale poi, con casse a riprodurre (un po’ a fatica invero) cori altrimenti registrati, lasciando qualcuno a guardarla da fuori i cancelli con un proiettore. Bologna inizia anche bene, fa 11-4, poi si pianta come una schiacciata di Withers che si impala contro il ferro. Cantù prende coraggio, ha Gaines che fa i suoi suini comodi e Radic a punire dalle tacche. Così è 21-20 esterno al 10’.

L’impatto di Baldasso è ai limiti del desolante (0/6 in poco), ma c’è un moto d’orgoglio di Aradori per risorpassare, in una gara di equilibrio con, però, leggero vantaggio canturino. Pietro ne mette ma dietro si fa bucare spesso e volentieri da Procida, e per andare all’intervallo in parità serve triplona di un pimpante Withers. Quota 38 per entrambe.

La Fortitudo difende con cuore e anima laddove non arrivano le indoli personali, fa +5 grazie ad una atroce ma funzionale tabellata da fuori di Withers e qualche funambolismo di Banks. Non si è ultima e penultima per niente, tra forzature, errori e storie tese tra Radic e Totè. Si perde il controllo dei rimbalzi, Gaines fa canestro quando vuole, ma Bologna ha più funzionalità diffuse, e tra Totè e Banks si farebbe il +6 del 30’, se all’ultimo non venisse perso Pecchia in solitaria, per il 56-52 interno del 30’.

Nozze con i fichi secchi per Dalmonte che ha gente con la lingua di fuori e altra da gestire per i falli, e quando tornano Hunt e Withers è tutta salute, con uno stoppone di quest’ultimo ad aprire contropiede per il +8 di Banks a 5’ dalla fine. Diventa la classica fagiolata di mani che tremano, con la Fortitudo a non ucciderla ma con Cantù che non sa bene che pesci pigliare. Serve un sottomano di un Aradori inevitabilmente zittito nel secondo tempo – secondi in panchina, zero – per fare +6, ma anche un suo tecnico per dare ulteriori chances agli ospiti. E’ suo però il recupero palla finale, quindi gloria anche per lui.


FOTO DI VALENTINO ORSINI/ FORTITUDO PALLACANESTRO

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IL DERBY ALLA FORTITUDO 95-92