I RICORDI DI MARCO BONAMICO, LA SEMIFINALE CONTRO CANTU'
42 anni fa, il 25 aprile 1978, la Virtus sconfisse Cantù in una semifinale che le permise di vendicare una precedente sconfitta in Coppa delle Coppe. Luca Muleo per Stadio ha ricordato la cosa con Marco Bonamico. Un estratto dell'intervista.
"Ero tornato dal prestito alla Fortitudo, dove avevo vissuto una stagione importante, tanto che con quel gruppo continuiamo a sentirci ancora oggi. Non si andava oltre la goliardia, nella Bologna di Lucio Dalla e Guccini, un periodo irripetibile. Con Nino Pellacani e Jack Zatti che le siamo dette, promesse e date in campo, ma siamo amici fuori.
La Virtus? Un giocatore importante come Villalta si stava trasformando nel '4' moderno che si allontanava e tirava da fuori. Cambiava il basket, in quei giorni, noi cercavamo di inserirci nel dominio lombardo di Varese, Cantù e Milano e ci eravamo riusciti vincendo nel 1976. Eravamo intrusi, senza invito al gran ballo e credo sia stato uno stimolo in più. In quegli anni è nata Basket City, anche se dentro sentivamo già di esserlo con due squadre così importanti. Il grande lavoro di Porelli stava iniziando a ottenere il riconoscimento nazionale e internazionale consacrato negli anni successivi.
Dan Peterson? Intelligentissimo, comunicatore, con una grande capacità di adattamento. Ha continuato a studiare e imparare da tutti, umiltà rara. Quando arrivò, vedemmo quest'uomo bassino con i capelli lunghi che suonava la chitarra. Dopo due settimane si comprò un paio di stivaletti improbabili. Non conoscevamo il suicidio, inteso come esercizio: se sbagliavi i liberi, tutta la squadra doveva farsi il campo avanti e indietro per ogni linea. In trenta secondi. Ero pessimo in lunetta, Bertolotti e gli altri mi avrebbero messo volentieri sulla griglia di Andalò per cucinarmi flambè. Fu decisivo il ruolo di John McMillen, il vice che arrivò con lui a inizio degli anni '70.
Oggi? Giorni strani. Con le attività ferme, alla ricerca dell'aria aperta e volendo dare una mano avevo cercato lavoro in campagna, anche perchè non ho bisogno della scala per raccogliere le albicocche. Nessuno me lo ha offerto, si vede che almeno a Bologna non c'è tutta questa emergenza.
La morte di Franco Lauro? Quello che so su tv e comunicazione l'ho imparato da lui, è stato un privilegio lavorarci insieme. Ha avuto un ruolo da divulgatore straordinario, la gente glielo ha riconosciuto chiedendo di riascoltare le sue telecronache"
(foto archivio l'Unità)