L'AVVOCATO CASSI': NON SI TRATTA DI NON SAPER PERDERE, MA DI ESSERE LEALI
Riceviamo, a titolo personale, dall’Avvocato Enrico Cassì
In merito alle autocelebrative dichiarazioni del difensore della Vuelle Pesaro riportate nell’edizione odierna del Corriere Adriatico e del Resto del Carlino di Pesaro, essendo stato personalmente e ripetutamente coinvolto sono costretto ad intervenire basito per respingerne con sdegno toni e contenuti, totalmente scollegati dalla realtà, sostanziale e processuale.
La scomposta terminologia dei commenti del legale pesarese sul ricorso della Fortitudo denota una educazione deontologica estranea al sottoscritto e lontana anni luce dalla probità e dal fair play che “dovrebbero” governare l’ambiente sportivo: si commentano da sé qualificando l’intervista.
Discorso diverso meritano le sorprendenti inesattezze sostanziali e processuali che sono state riportate nella rimanente parte delle dichiarazioni, esse per amor di verità - ed a differenza delle prime, incommentabili - meritevoli delle presenti note di precisazione.
1) Il legale di Pesaro sembra non aver compreso che il Collegio di Garanzia si è pronunciato esclusivamente sulla correttezza o meno della Decisione della Corte d’Appello FIP in punto di vittoria a tavolino di quella singola partita, e non sul separato e più importante fascicolo che riguarda la vicenda disciplinare COVID della Vuelle e dei suoi protagonisti (come è a tutti noto è tuttora pendente una indagine innanzi la Procura federale della FIP proprio su richiesta degli stessi giudici sportivi che hanno rigettato lo 0-20 attestando la conclamata violazione del protocollo COVID).
2) E’ totalmente falso che il Collegio di Garanzia avrebbe mostrato imbarazzo per la azione della F: il Collegio al contrario ha tenuto ad aprire l’udienza apprezzando e ringraziando il Club bolognese per la “chiarezza esaustiva del ricorso introduttivo e dei suoi contenuti”.
3) E’ inesatto anche che “la analogia non esiste nel diritto sportivo”: il difensore della Vuelle dimentica l’art. 7 n.2 del Regolamento di Giustizia FIP.
4) Il legale pesarese dimentica che i ricorsi della Fortitudo sono stati presentati contro le motivazioni delle decisioni dei giudici FIP e non contro Pesaro o le sue difese, rimaste in ogni grado semplicemente e totalmente irrilevanti (dovrebbe sapere che innanzi il Collegio di Garanzia del CONI è possibile discutere solo di errori di diritto o falsa applicazione di legge nelle Motivazioni delle Decisioni dei Giudici endofederali, e non certo delle condotte fattuali ascrivibili ad una Affiliata o un Tesserato).
5) Il difensore di Pesaro non dice che nel giudizio innanzi il Collegio di Garanzia del CONI ha anche sbagliato il deposito del suo scritto difensivo, perché mai inoltrato allo scrivente difensore: anche per questo i suoi eventuali sforzi non sono stati oggetto di disamina nelle difese e nella discussione d’udienza svolta per mio tramite dalla Fortitudo).
6) E’ falso che “la Federazione si è associata alla difesa della Vuelle”: è eventualmente accaduto il contrario (l’intervento del difensore Vuelle, di non più di 20/25 secondi, è avvenuto solo dopo quello del sottoscritto e di quello del legale FIP).
7) La motivazione della Decisione del Collegio di Garanzia ad oggi non è ancora stata depositata: esistono solo poche righe di dispositivo che dichiarano la inammissibilità, il Collegio non è quindi entrato affatto nel sul fondamento dei motivi di ricorso. La inammissibilità per la sopravvenuta cessazione dell’interesse ad agire (cessazione derivata dalla salvezza di entrambi i Club) è uno dei motivi più comuni delle declaratorie di inammissibilità del Collegio di Garanzia. Non è dato capire come nella intervista qui contestata la Vuelle - per tramite del suo Studio Legale - possa avere dichiarato che il “ricorso beduino” (!) presentato dalla Fortitudo “non stava in piedi”. Così come non è dato capire chi mai, quale Organo Giudicante, in quale grado e in quale sede avrebbe mai affermato che la “Vuelle ha rispettato le regole sanitarie” o la “Vuelle è stata corretta”. Ad oggi dai Giudici Sportivi è stato infatti in ogni grado ed in ogni sede affermato l’esatto contrario (Corte Sportiva d’Appello FIP n.13 del 22.4.21 “Alla luce di tale previsione, non suscettibile di alcun tipo di diversa interpretazione, questa Corte ritiene che l’atleta Robinson…non abbia rispettato il periodo di isolamento previsto di 10 giorni…infatti sarebbe dovuto rimanere in isolamento almeno 10 giorni fino a tutto l’11 aprile, periodo al termine del quale avrebbe dovuto sottoporsi ad un nuovo test molecolare, il cui eventuale risultato negativo gli avrebbe consentito la ripresa dell’attività….Considerata accertata tale violazione, la Corte ritiene tuttavia che il reclamo debba essere rigettato…in quanto non vi è alcuna previsione normativa che stabilisca casi analoghi né si ritiene che la violazione dei protocolli Covid sia assimilabile alle violazioni relative al tesseramento”).
Precisato tutto questo, sfugge in ogni caso che sin dal primo momento l’intento della Fortitudo sia stato quello di evidenziare una falla normativa che si ritiene preoccupante e pericolosa, a maggior ragione per il periodo storico che stiamo ancora attraversando. Esaltarsi perché ‘non sono previste sanzioni combinabili’ sulla delicata materia dibattuta lascia interdetti e apre, ora, alla pericolosissima possibilità che chiunque possa decidere di agire di testa propria, solo perché, appunto, ‘non sono previste sanzioni combinabili’. Era su tale aspetto che la Fortitudo aveva ritenuto prudente, doveroso e necessario che venisse fatta chiarezza.
Non si tratta di non saper perdere, quanto piuttosto di essere leali.