TEO ALIBEGOVIC, "CONTRO LA VIRTUS NON SI GIOCA DI FIORETTO, COLTELLO TRA I DENTI E NIENTE ALTRO"
Teo Alibegovic è stato ospite di Effe trasmetto per te.
I ricordi del famoso 2 aprile? “Ho detto tante volte, è stata una delle scoperte più belle della mia vita. Non mi rendevo conto di che storia avesse dietro questa società, e di come la tifoseria fosse una delle più calde d’Europa. Pensavo solo a fare una partita da straniero in Europa, poi il mondo è cambiato del tutto: ho visto Bologna, la tifoseria, l’interesse dei media, poi anche la vittoria…”
Dopo è stato facile creare un rapporto con i tifosi Fortitudo. “Tanti ridono quando dico che sono una persona leale, sto con mia moglie da quando ho 17 anni, e anche la Fortitudo è un amore che non si scorda. Prima è stato un obbligo professionale, poi passione: si chiedavano chi fosse ‘sto bianchetto che arrivava dall’America, davanti a Oscar, Daye, Dawkins, poi però sono stato tra i migliori marcatori e siamo stati promossi quando nessuno ci credeva. Siamo stati guidati da questa immensa passione della Fossa, da quella del futuro proprietario Seragnoli. Nella Fortitudo sono diventato padre per la prima volta, con Mirza, e mi fecero uno striscione: da quel momento non è più stata una professione ma una famiglia allargata”
La Fortitudo di oggi fatica a trovare continuità. “Chi si intende di basket capisce che una squadra non è una macchina dove con una chiave accendi e spegni, calibrare gli equilibri non è facile, ed è difficile aggiustare le cose una volta partiti. E un coach non ha mai un compito facile: il mio cuore rimane in Effe, sono d’accordo con Pavani che sta cercando in tutti i modi possibili di svoltare la stagione, ma se posso suggerire dico solo di tenere la testa bassa e andare avanti, perché il prossimo anno sarà diverso, ci sarà il pubblico, e la Fortitudo resterà sempre una squadra con sei giocatori, cinque in campo e uno sugli spalti. E quando manca il pubblico non è facile, non è facile vincere contro Milano, contro la Virtus che costano 3-4 volte di più.”
Che ricordi hai del derby? “Noi abbiamo giocato con una Virtus che era nella stessa situazione della Fortitudo attuale. Avevamo un paron con la P maiuscola, loro si stavano aggrappando agli specchi e non stavano andando benissimo. Abbiamo vinto due volte, abbiamo vinto la Supercoppa e siamo andati vicini allo scudetto con una squadra che costava un terzo di quelle precedenti, dopo vendite dolorose ma utili alla cassa. E peccato per Belinelli e Diawara che non hanno fatto quell’ultimo tiro. Io vorrei solo che in questa gara la F tiri su la testa e giochi con il coltello tra i denti, poi chi vinca vinca, ma non si deve mai avere senso di inferiorità. Nel derby si sveglia la fortitudinità, e quando chiamo la V per avere biglietti loro impazziscono perché ho lo stemma F su Whatsapp, e loro dicono ‘ti diamo tutti i biglietti che vuoi ma togli quel cazzo di stemma’”
In Virtus c’è tuo figlio e non solo. “C’è Djordjevic, c’è Bjedov che ho portato io in Italia. Saremo amici prima e dopo, ma la Fortitudo è la mia squadra. So che mio figlio darà il massimo pur essendo cresciuto in ambito fortitudino, ma lui sa come la penso io”
Un voto alla stagione Virtus? “Benissimo in Europa, in campionato è stata altalenante. Djordjevic si è trovato con un bellissimo problema, quello di dover inserire Belinelli che non è cosa da buttare via.”
Fortitudo? “Non la giudico male, ma non è quello che ci si aspettava a inizio stagione. Non c’era simbiosi tra allenatore e squadra, poi dopo il cambio in panchina qualcosa è migliorato, ora giocano meglio di prima. Ma da 1 a 5 darei 3+, mentre alla Virtus 4”
La Fortitudo può guardare i playoff o meglio pensi ancora alla salvezza? “Tutti tranne Milano e Virtus si devono guardare alle spalle, perché quello che è successo alla Effe, un totale blackout, può capitare a tutti. Non sono costruiti male, e possono comunque arrivare vicini ai playoff più di quanto non rischieranno la retrocessione, anche se le partite vanno vinte. Comunque Dalmonte sta facendo un buon lavoro”
Hai dato qualche consiglio ad Amar? “Non parliamo mai nei prepartita, perché lui come gli altri miei figli hanno allenatori professionisti. Possiamo parlarne dopo, ma non faccio coaching, e ora penso più alla loro salute. Quando tornerò al basket parlerò di basket, ora parlo con loro più da tifoso e da padre che non da coach”
Quanto può incidere nel derby il fatto che la Virtus giochi adesso contro Badalona? “Non credo possa essere stanca, è talmente ben allestita che non ha bisogno di nessuno che debba giocare tanti minuti. Chiunque vada in campo sa quello che deve fare, quindi non penso che la Fortitudo debba sperare in una Virtus stanca: solo coltello tra i denti e dare botte, niente altro, perché contro la Virtus non si gioca con il fioretto”
Potrai mai tornare da queste parti? “Io mi sono messo sempre a disposizione, sono un appassionato di pallacanestro, ho creato una mia Academy, guardo tutte le partite, non avrei problemi a rientrare come consulente, penso di aver fatto abbastanza bene quando mi hanno chiamato, sia per aver fatto quadrare i conti che per aver scelto ottimi uomini e giocatori. Siamo stati una bella squadra, e se fossi stato chiamato avrei riportato qua Repesa e avrei cercato di ricostruire una Fortitudo da scudetto. Non è stata però l’occasione giusta, e non è stata una questione di soldi dato che mai sono stato pagato tantissimo. Poi se un giorno la Effe vorrà chiamarmi, tornerò volentieri”
Di quella Fortitudo c’è stato un giocatore arrivato in NBA, ma come arbitro, ovvero Green. “Ma anche Diawara, che quando lo portai la gente mi prendeva per il culo… poi però hanno incassato un milione e mezzo di dollari quando è andato in NBA. Da un giocatore pagato 40mila euro… Green? Una cosa fantastica”