Charlie Caglieris è stato ospite della trasmissione Possesso Alternato su Basket 108. Ecco un estratto dell'intervista

Mi chiamano tutti Carlo, solo a Bologna si ricordano di Charlie. All'epoca tutti i nomi venivano americanizzati, Roberto diventava Bob, Carlo diventava Charlie.
Quando giocavo io gli assist venivano conteggiati diversamente, oggi è molto più facile farli.
Mi piace ricordare Massimo Antonelli, per il progetto Tam Tam che sta facendo. Tanti anni fa, quando abitavo a Torino, ora abito in Liguria, anch'io ero abituato nel sociale: andavamo a fare attività sportiva nelle carceri e dove andavamo noi il tasso di suicidi era molto più basso che nelle altre. Quando giocavo a Biella eravamo una squadra molto giovane e fummo battuti dalla Norda a Cantù negli spareggi e retrocedemmo; a proposito di grandi sponsor oggi sono lontani dal basket perché è uscito dalla tv in chiaro, una volta c'erano grandi ditte.
Quando ero dirigente a Torino era più facile far uscire giocatori, il settore giovanile era la nostra risorsa economica, investivamo sui giocatori, avevamo una grande foresteria, allenatori che pagavamo anche bene e cedendo questi giocatori con il ricavato riuscivamo a fare l'attività, poi la legge Bosman ha ribaltato tutto, ma ora le società non hanno più convenienza a lavorare con i giovani.
Con la Virtus vincemmo a Madrid e feci il canestro decisivo facendo un passo decisivo verso la finale, che fu condizionata dall'assenza di Jim McMillian, ma quell'anno lì con Ranuzzi in panchina facemmo un capolavoro, perché dopo si fece male anche l'altro straniero Marquinho ma arrivammo alla bella della finale playoff. Non vincemmo ma fu uno dei momenti più belli per noi giocatori. Porelli sbagliò con Nikolic nell'assecondarlo nello smembrare una squadra che aveva fatto due finali e che sarebbe potuta andare avanti per molti anni. Porelli è stato un grandissimo dirigente sportivo, nella Virtus e nella Lega Basket, come uomo non mi piaceva moltissimo, molto duro e prepotente, io non sono così di natura. Con Antonelli, dopo lo scontro per il problema contrattuale, l'anno dopo lo cedette a Mestre rovinandogli la carriera, perché Max avrebbe meritato di andare in una squadra di vertice. Peterson è stato per me una grande figura, prima già Nikolic alla Fortitudo, ma Dan mi ha plasmato come giocatore, mi ha fatto capire dove sbagliavo e invece dove dovevo insistere negli allenamenti, un grande aiuto per la mia carriera. Aveva un programma di allenamento uguale tutto l'anno, ogni giorno un fondamentale ogni giorno. Una grande emozione lo scudetto del 1976, la Virtus non vinceva il campionato da vent'anni ed è stato bello come lo ha vissuto la città di Bologna che vive di basket. Varese era campione d'Europa, andare a vincere a casa loro, con i giornalisti lombardi che ci davano addosso, addirittura Grigoletti del Giorno disse che se avesse vinto la Virtus sarebbe crollato il palazzetto; dopo la vittoria andammo a dirgli "attenzione che qui crolla tutto". Non li sopportavo proprio.
Il servizio militare non c'è più, ma allora tutti i cestisti andavano in aeronautica perché c'era un generale appassionato di basket. Fare il servizio militare consisteva nel giocare quella settimana ai Mondiali militari e a dicembre il torneo Nato nella base in Belgio; la mia nazionale militare era quasi quella maggiore, c'erano Meneghin, Bariviera, Giomo, Serafini. Vincere era quasi un obbligo perché le altre nazioni arrivavano con i militari veri. Ai nostri tempi si stava molto più insieme, si scherzava, oggi c'è meno affiatamento, meno spirito di squadra. Nei ritiri abbiamo fatto cose inenarrabili che raccontiamo ancora adesso. Gigi Serafini era molto serioso, l'ho conosciuto a sedici anni nei ritiri delle nazionali giovanili, poi ho abbiamo fatto insieme gli europei juniores, ci siamo ritrovati alla Virtus e anche nell'ultimo periodo lo chiamavo, è stato un momento molto triste. Essere nella Hall of Fame del basket italiano è un grande onore, non siamo in tanti, è il coronamento di una carriera, vuol dire che hai fatto qualcosa di buono. In quell'occasione anche la nostra nazionale è entrata nella Hall of Fame e così ho rivisto i vecchi compagni dopo tanto tempo: è stata una bella cerimonia.
L'avversario che più mi ha dato fastidio è stato D'Antoni, che giocava molto sporco, sempre le mani addosso, poi in quella squadra menavano tutti e fischiare ogni fallo era difficile. Poi anche Brunamonti, avevo quasi dieci anni di più, poi era più alto di me, l'ho sempre patito molto. Un incubo è stato Larry Wright: lo marcai una volta che avevo anche un po' di febbre e non vedevo l'ora che la partita finisse. Poi certo anche Marzorati è stato un grande avversario, ma con lui me la sono sempre giocata.



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