Valdemaras Chomicius, primo "sovietico" a giocare a Bologna nel 1990-91, è stato ricordato da Damiano Montanari di Stadio. Le memorie del suo coach, Stefano Pillastrini.

"La situazione economica non era semplice. Con le uscite di Sanguettoli dal settore giovanile e di Di Vincenzo dalla prima squadra esordii come head coach in A2. Non eravamo competitivi a livello economico, poi mi arrivò un fax da una certa Eva, che era la procuratrice di Chomicius. Quando lo lessi mi brillarono gli occhi dall'emozione. Come allenatore mi ero sempre ispirato a Tanjevic, mi piaceva l'idea di seguire strade non battute da altri e l'idea di portare in Italia un grande russo, il primo della storia della Effe, mi solleticava nonostante secondo il pensiero comune gli americano fossero considerati più forti. Cominciai la trattativa senza padroneggiare bene l'inglese, scoprendo che lui parlava solo un po' di spagnolo. In qualche modo riuscimmo ad intenderci e capii che aveva una voglia pazzesca di venire a giocare in Italia.Ci parlò della Russia del tempo, dei problemi ad uscire dal paese e di quando, in trasferta con la Nazionale sovietica, nello spogliatoio vendevano sottobanco agli avversari salmone e macchine fotografiche a prezzi stracciati: avevano bisogno di valuta straniera, per chè in patria, nei negozi per i turisti, si acquistavano beni solo in dollari, in lire o in marchi.
Quando iniziammo a faticare capii che ci mancava un play di ruolo. Valdas era abituato a giocare con un pivot come Sabonis, mentre in quel momento doveva trovare l'intesa con Cessel. Se potessi tornare indietro, con l'esperienza che ho oggi, probabilmente lo impiegherei in modo diverso. Allora però dovevo salvare la Fortitudo, così con grande dolore presi la decisione più sofferta: tagliarlo a genneio e prendere Pete Myers. Lui ci rimase malissimo, ma con la sua incredibile professionalità chiese soltanto le chiavi della palestra per potersi allenare. Il club acconsentì"

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