Sasha Danilovic è stato intervistato da Luca Maggitti su davidemoretti.it
Un estratto delle sue parole.

Sono Presidente della Federazione di Basket della Serbia – a dicembre saranno 2 anni – dopo i miei 15 anni da dirigente al Partizan Belgrado. Rispetto all’incarico che avevo nel club, questo ha una responsabilità più grande trattandosi dell’intero movimento cestistico: maschile, femminile, giovanile. Devo però dire che per certi versi è più facile, perché ho uno staff composto di bravissimi collaboratori, che conosco da 20 anni e che svolgono un lavoro eccellente, facilitando il mio compito.

Cosa ha provato ad essere il presidente del club che l'ha lanciato? Il Partizan era il motivo per il quale sono arrivato da Sarajevo. Fa parte della mia famiglia. È una cosa molto intima direi, e sarà sempre così anche se non sono più nella dirigenza del club. L’emozione sarà sempre quella.

Come ha vissuto l'esperienza alla Virtus? L’ho vissuta come gli anni più belli della mia vita. A parte le nascite dei miei figli, quelli sono per me gli anni migliori della mia vita, senza alcun dubbio.
Superiori addirittura agli anni in NBA? Certo! La NBA è un mondo perfetto, solo che la vita americana a me non è mai piaciuta. Se fossi andato a 22 anni magari sarei rimasto lì, invece no. Invece l’Italia è il mio secondo paese e Bologna la mia seconda città.

Per il basket meglio l'Italia o l'America? Beh, per me era molto più facile giocare in NBA che in Europa. Mi spiego. In NBA ci sono regole precise e tu hai il tuo lavoro da fare. Io ero la guardia tiratrice e non soffrivo i raddoppi come in Europa, dove magari ti marcano anche tre giocatori. Insomma: per me era più facile. E poi ho avuto la fortuna di giocare con atleti della vecchia scuola, gente che avevo raffigurata nei poster che tenevo appesi in camera. Comunque, per concludere il ragionamento, l’Italia resta il miglior periodo della mia vita: sia per quanto riguarda il basket sia per tutto il resto.

Qual è il segreto per non mollare? Molto semplice: allenarsi bene. Dico sul serio. Non bisogna complicare le cose. Io, ad esempio, quando arrivai in Italia avevo grande nostalgia di Belgrado. E come la scacciavo? Allenandomi molto bene.
Detta così sembra semplice. Arrivare alla semplicità è molto complicato.
Frase da stampare e incorniciare in tutte le palestre. Ma è così. Io, quando guardavo Maradona o Van Basten giocare a calcio, pensavo: cavolo, ma potrei farlo anch’io! Invece no, era molto complicato... solo che loro, con la classe che avevano, lo facevano sembrare molto semplice. Quindi, ripeto: per raggiungere la semplicità la strada è molto complicata, ma bisogna tendere alla semplicità, nella vita come nel basket. Perché per quanto siano complicate le cose, alla fine c’è sempre una risposta vera fatta di un sì o un no.

Danilovic e il futuro? Io non faccio piani, non li ho mai fatti così come non faccio programmi a lungo termine. Sono molto contento di quello che sto facendo. Il mio mandato è quadriennale, poi si vedrà.

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