Lo sappiamo, e ce lo siamo detto mille volte, che Bologna ha il basket nelle vene. Sa riconoscere il talento, e soprattutto non lo dimentica, se è passato da queste parti. Così, è normale che il ritorno di Micheal Ray Richardson, il grande indimenticato “Sugar”, non passi inosservato. E che un’ora e mezza con l’uomo che tra fine anni Ottanta e inizio anni Novanta ha regalato spettacolo e grande pallacanestro al mondo bianconero, sia un fantastico richiamo.

Succede alla mitica palestra Porelli, e “Sugar” ci entra visibilmente emozionato, quasi trent’anni dopo i tempi di quelle magìe. Il timone dell’Under 18 di Virtus Unipol Banca glielo cede con un abbraccio Federico Vecchi, coach della formazione e responsabile del Settore Giovanile della V nera. Richardson ha avuto belle soddisfazioni dalla sua seconda vita nel basket, quella di allenatore, vincendo due titoli Cba, uno nella PBL e due nella NBL canadese. E quanto a coltivare giovani, è esattamente il suo lavoro attuale: “Lavoro per la Nba Basketball Academy, mi occupo delle squadre giovanili che formiamo in India, in Messico, in Cina, in alcune zone dell’Africa. Sono in viaggio un paio di settimane al mese, e vedo crescere il talento. Ovviamente ci sono differenze: in India c’è ancora tanto da fare, in Africa ho visto prospetti davvero interessanti”.

Non entra soltanto “Sugar”, alla Porelli. Sugli spalti il pubblico non è quello di un normale allenamento settimanale dell’Under 18. Un centinaio di persone si sono date appuntamento per rivedere lui, l’eroe di notti magiche di cui i tifosi della Virtus hanno conservato ogni fotogramma. Con il picco della Coppa delle Coppe, primo grande trionfo europeo, conquistata a Firenze il 13 marzo 1990, con un giovanissimo Ettore Messina a guidare la truppa. “Quelle sono partite in cui devi giocare il tuo basket migliore, perché non saprai mai se ti ricapiterà un’occasione simile”.

Lui lo fece, quella sera. Infilando 29 punti nel canestro del Real Madrid, giocando una partita maiuscola per sé e per i compagni. E per il popolo bianconero, che era arrivato in Toscana col treno della speranza e tornò col sorriso largo della festa a Bologna. Tra i più di cento, questa sera, chissà quanti reduci di quel giorno di ventinove anni fa, che è nella storia bianconera.

Finisce alle 17.45, il giorno da coach di Richardson alla Porelli. I ragazzi dell’Under 18 passano il testimone ai giocatori della Virtus Segafredo di Sasha Djordjevic, la prima squadra. Tra di loro c’è Mario Chalmers, uno che nella Nba ha lasciato il segno, e proprio per questo guarda con rispetto “Sugar”, che era l’idolo di suo padre.

Il campione saluta, si ferma a firmare autografi, a farsi fotografare con antichi e giovani appassionati. E sotto le immagini dei grandi della V nera, compresa la sua. C’è anche quella di Gigi Porelli, l’uomo che scommise su di lui, che dopo essere stato protagonista assoluto della Nba era fermo da due stagioni, quando approdò a Bologna. “Porelli è stato l’unico dirigente con cui, nei miei anni europei, non ho mai firmato un contratto. Con lui bastava una stretta di mano”.

Domenica il campione vivrà l’atmosfera di un altro luogo a lui caro, il PalaDozza, teatro delle sue grandi battaglie. “Bologna è un posto che ti resta nel cuore. E’ una piccola New York. Sinatra diceva “se ce la fai a New York, puoi farcela ovunque”. Per Bologna è la stessa cosa”.

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