Walter Magnifico è stato sentito da Marco Tarozzi per Stadio. Un estratto dell'intervista.

"Bologna è stato l'inizio di tutto. La mia prima volta nel mondo del basket professionistico. È stato lì che ho cominciato davvero a pensare che avrei potuto trasformare la passione in mestiere.
Lorenzo Angori a mia insaputa era persino venuto a vedermi giocare a San Severo. La società prese contatti con la Cestistica e l'affare si fece. Ne erano sfumati parecchi, prima. Mia madre, ogni volta che si cominciava a discutere di situazioni economiche o si usavano espressioni tipo "noi comperiamo Walter ", si alzava dalla sedia e spariva in cucina. Certi discorsi non riusciva proprio ad ascoltarli. La Fortitudo mi acquistò alla fine della stagione 1977-78, quella della promozione in B della Cestistica, ma rimasi ancora un anno per diplomarmi in Ragioneria, rispettando la memoria di mio padre che se ne era andato da un anno.
Ricordo il primo allenamento, schiacciato tra Jordan e Starks: ero più in terra che in piedi. All'inizio mi sentivo triste, ero un tipo timido e chiuso. Camminavo da solo per le vie della città, la scoprivo, pensavo molto. Angori e Walter Bussolari mi fecero sentire in famiglia. La domenica attraversavo l'Italia in treno per tornare a casa, viaggiavo di notte e poi restavo là mezza giornata, per essere di nuovo a Bologna alle quattro del mattino del martedì. Vita da pendolare.
In Fortitudo la miglior partenza che potessi sperare: la prima volta con gli americani, e con gente che fin lì avevo visto solo in tv. Un anno con Arrigoni, Anconetani, Ferro ed ero già uno del gruppo. Eravamo saliti in A1, mi sentivo al settimo cielo. Ero in villeggiatura a Francavilla quando mi chiamò Vito Amato, Gm della Scavolini: "Ti abbiamo acquistato", mi disse. Non volevo saperne. Angori era imbarazzatissimo, ma la società aveva avuto un'offerta importante. Spedii anche un telegramma di rinuncia, adducendo "motivi personali e di studio". Pero Skansi e Bebo Benelli vennero a casa mia per illustrarmi i progetti futuri della società. Loro snocciolavano i nomi di grandi campioni, ma quando arrivarono a Roosevelt Bouie restai di sasso: avevo visto le sue foto su Sport Illustrated, con la canotta di Syracuse. Lui fu uno dei motivi che mi portarono a Pesaro.
La Virtus? Nel 1996 ero in fondo a un ciclo, quando mi chiamò Piero Costa offrendomi un posto alla Virtus. Ne fui orgoglioso e ritrovai motivazioni forti. Quell'anno cambiai anche mentalità: non ero più un titolare, ma un rinforzo cui si chiedeva affdabilità. Ruolo diffcile, Roberto Brunamonti mi aiutò ad interpretarlo. Vincemmo la Coppa Italia, ma quella Virtus aveva altri obiettivi. I campioni c'erano, da Komazec a Savic, da Prelevic a Patavoukas, ma non trovammo la giusta sintonia, e l'infortunio di Galilea ci tolse parecchio, così come la morte improvvisa di Piero Costa e l'esonero di Alberto Bucci. Ma resto convinto che quella squadra avrebbe potuto fare molto di più"


(foto Virtuspedia)

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