La Virtus è in finale, e ci è arrivata con un lavoro che parte da lontano. Quando nell’agosto scorso venne presentata la squadra, non si parlò in alcun modo di obiettivi, se non generici: “fare un buon campionato” e “fare crescere i giovani del vivaio”. Certo, vedendo gli acquisti - soprattutto Ndoja e Rosselli, oltre agli americani - qualche sospetto che la squadra non fosse stata costruita esattamente per salvarsi all’ultima giornata c’era, ma di scontato non c’era assolutamente nulla. La prima cosa da fare era ricostruire dopo le macerie della retrocessione. E la Virtus di Alberto Bucci, Julio Trovato e Alessandro Ramagli l’ha fatto nella maniera migliore. I bianconeri hanno disputato un’ottima stagione fin da subito, nonostante l’infortunio eterno di Ndoja. E i giovani del vivaio, fino a un certo momento, hanno dato una bella mano, e non a caso ieri Ramagli ha dedicato a loro la vittoria. Il “filo rosso” che si era spezzato, il rapporto col pubblico, è stato riallacciato, e questo è in assoluto il traguardo più importante raggiunto. Oltre 4000 persone al PalaDozza - che è più bello e più caldo della Unipol Arena, e se ne stanno rendendo conto tutti - oltre 1500 virtussini ieri a Forlì. Ma soprattutto, nel corso della stagione è cambiata la proprietà, è cambiato l’obiettivo, e quindi è aumentata la pressione. Col fondamentale ritorno di Ndoja e con l’aiuto dei giocatori nuovi che sono stati comprati (Bruttini e Gentile), la Virtus ha è salita di colpi, passo dopo passo, e nei playoff ha alzato ancora il suo livello di gioco, dopo lo shock iniziale e una serie non facile contro Casale. La svolta è arrivata in gara2 con Roseto, dopo essere stati nettamente battuti in gara1. Da lì la Virtus ha cambiato faccia. I bianconeri si sono adeguati all’avversario, giocando ad alto punteggio contro chi attacca bene (Roseto), e abbassando il ritmo contro chi difende bene (Ravenna). E in entrambi i casi hanno giocato meglio degli avversari sul loro terreno preferito, e vinto con successi netti. Cinque su cinque in trasferta nei playoff, non male per una squadra che nel girone di ritorno faceva davvero fatica a vincere fuori casa.

La partita di ieri è stata emblematica. Un tempo di grossa sofferenza, poi un clamoroso dominio nella ripresa (52-24), che non ha lasciato scampo a Ravenna. Poi certo, conta anche avere i giocatori: Lawson in questo momento è assolutamente immarcabile, Ndoja e Rosselli hanno l’esperienza che consente loro di fare la giocata chiave nel momento giusto, Gentile dà regia e fisicità, eccetera. Anche perché spesso ci sono protagonisti diversi, da Umeh a Spissu, da Spizzichini a Bruttini. La costante è un gruppo che fin dal primo giorno ha lavorato insieme, che ha aggiunto due giocatori importanti, e che è arrivato pronto al momento chiave. La finale nasce da qui.

Ora la Virtus avrà nove giorni per prepararsi alla serie finale, dove avrà il fattore campo. In quale palasport è da vedersi, anche se restare comunque al PalaDozza sarebbe una buona idea, sia perché in piazza Azzarita i bianconeri ora hanno un fattore campo vero, sia per non costringere la squadra - che ormai ha preso le misure del Madison - a un nuovo cambio di campo in corsa. Coach Ramagli ha detto che preferirebbe che l’altra serie andasse a gara5, per una questione di stanchezza degli avversari. Klaudio Ndoja ha invece dichiarato l’opposto, ovvero di sperare che la serie si chiuda subito (e quindi che vinca Trieste) per sapere subito contro chi si giocherà, e per non rischiare in gara1 contro un avversario più “caldo”. Chiunque passi, i bianconeri saranno lì a giocarsi l’unico posto in serie A, dopo una stagione di cui i tifosi possono e devono andare fieri.

(foto Pierfrancesco Accardo)

OZZANO, E’ TEMPO DI FINALE; GRANDI: “A LUGO PER VINCERE!”
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