Il presidente di Legabasket Umberto Gandini è stato ospite di Fabio Lalli a "Intervallo lungo".
Le sue parole.

In questo momento su videoconferenze e piattaforme di vario tipo la relazione con un mondo nuovo che ha mi ha scelto come presidente. Non conosco di persona ancora le persone, gli uffici, i dipendenti. Sto cercando di gestire al meglio un'emergenza imprevista. L'obiettivo primario resta quello di tutelare la salute degli addetti ai lavori, della Lega, delle squadre, atleti e tutti gli altri.

Adesso è molto facile dire che ritroveremo una vita normale per gradi, per settore e forse anche per Regioni, questo avrà un impatto pesantissimo su tutte le attività. Dovremo tutti fronteggiare le crisi, quindi anche un cambiamento. Una delle poche possibilità è vedere la parte attraente, e non dico positiva perchè oggi anche il termine "positivo" ha accezione negativa. Nulla sarà come prima, ma non necessariamente peggio. C'è la possibilità di migliorare e imparare. Ora c'è paura, panico e incertezza ma possiamo ragionare è capire quali sono le priorità. Dobbiamo lavorare insieme, da soli non ce la possiamo fare. Anche se per un certo periodo non potremo farlo dal punto di vista fisico.

Il problema dello sport è che manca proprio il contenuto. Noi abbiamo il rapporto con gli atleti, in qualsiasi sport. Conta principalmente la performance sportiva, il gesto tecnico. Puoi estrapolarla in altri contesti, come tirare a canestro dentro casa, ma è una cosa fine a se stessa. Credo che i club dovranno riscoprire contenuti non più solo legati allo sport ma al sociale, al territorio, come ha fatto la Roma, che ha un legame molto forte con la città. In un momento di emergenza tutti sono chiamati a fare qualcosa. Va riscoperta la socialità, in un momento in cui la socialità sarà per forza a distanza, e ci sarà la necessità di superare la paura. Noi siamo abituati a comportamenti istintivi, allo stadio a palazzo, abbracciare il vicino dopo un goal o un canestro anche se non sappiamo chi è. Mi auguro che questi comportamenti rimangano, ma servirà tempo. Ci saranno una serie di variabili che comporteranno conseguenze. Anche se prima dell'emergenza non è che non ci fossero rischi. Adesso bisognerà ricominciare a vivere, anche se all'inizio scaglionati e a periodi.

Le prime azioni da fare? Bisogna ripensare l'evento rispetto alle limitazioni che ci saranno, e cominciare a ragionare su che cosa fare. Da un lato ci sarà la necessità di avere il pubblico presente il più presto possibile, abbiamo notato la tristezza delle partite a porte chiuse, è stata un'immagine deprimente. D'altra parte bisogna tener presente quello che stiamo passando, ci segnerà parecchio e segnerà chi ci governa e che ci darà le regole. Bisogna recuperare il contatto con le persone, e fare dal punto di vista digitale quello che per un po' non potrai fare dal punto di vista fisica. E usare i testimonial - i giocatori - per stabilire una relazione coi tifosi. Poi, il mercato come sempre farà le regole. Che mercato avremo dopo l'emergenza? Se oggi lo sport ha una certa dimensione, bisognerà fare i conti di come il mercato - fatto da persone - reagirà e risponderà.

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