Federico Buffa, che questa sera alle 21 sarà al Teatro Fanin di San Giovanni in Persiceto con lo spettacolo “A night in Kinshasa”, è stato intervistato da Enrico Schiavina sul Corriere di Bologna.
Un estratto delle sue parole.

San Giovanni in Persiceto è il paese di Marco Belinelli. Tornare a San Antonio gli ha fatto bene, è l’ambiente perfetto per lui, per l’altissimo livello di conoscenza del gioco che ha raggiunto.
L’aver cambiato molte squadre può trasmettere un’impressione sbagliata della sua carriera. Invece tutti gli allenatori che ha avuto lo adorano. Ha sempre avuto l’intelligenza di capire che cosa ci si aspettava da lui, e di regolarsi di conseguenza. Fin dai primi anni, quelli del tirocinio molto duro, passando poi per grandi annate, per arrivare a oggi: in uscita dalla panchina in tutta l’NBA non vedo giocatori tanto migliori di lui, e nessuno che tiri meglio da tre fuori equilibrio.


Bologna è ancora la città dei canestri? Ogni volta che ci passo penso a quando ci venivo da ragazzino, da tifoso della Pallacanestro Milano, che allora si chiamava Mobilquattro, e più tardi Xerox. Per me era veramente come arrivare a New York ed entrare al Madison, soprannome che tra l’altro venne coniato da Aldo Giordani, che poi è stato il maestro di tutti noi. Per il basket quel palasport è un palcoscenico che non ha eguali, la cosa sorprendente è che sia ancora lì, col suo fascino intatto. È come quando entri al Bernabeu, a Madrid, si respira talmente tanta storia che l’ambiente diventa teatrale. Però mi chiedo: cosa sarebbe Bologna, con la sua centralità, se avesse un grande impianto moderno tipo la O2 Arena?

Come mai da tre anni si dedica solamente al teatro? Perché ho la fortuna di poter scegliere. Non mi ritengo un attore né voglio diventarlo, anche per questioni di età, ma oggi trovo più eccitante stare su un palco che davanti a una telecamera.

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BIGNAMI CASTELMAGGIORE - UPEA CAPO D'ORLANDO 93-91