Sembrava una di quelle tantissime partite viste in questi ultimi anno al Paladozza, soprattutto tra A2 e B: primo tempo svogliato, ko nel punteggio, poi qualche manovra arbitrale negativa, il muggire della folla e un cambio di clima che porta gli avversari a sporcare le proprie mutande, i proprio giocatori a non sbagliarne più una e i fischietti a lasciar passare anche interventi da autopsia. Però stavolta così non è andata: Mantova ha barcollato ma non mollato, gli arbitri si sono quasi per ripicca incaponiti nel far infuriare i padroni di casa, e la partita è andata male con i giocatori quasi increduli davanti ad un copione classico non rispettato. Dimostrando che il Paladozza è fortino a targhe alterne, e che questa Fortitudo ha tante di quelle tare mentali e tecniche da essere, ormai, difficile da difendere.

La domenica ha palesato problematiche infinite, e non è sempre questione di emotività, come si raccontava a fine gara: i giocatori hanno sbroccato mentalmente soprattutto nel secondo tempo, laddove dal 29' al 36' sono arrivati 4 tecnici su 5, ovvero nelle frazioni in cui si sono presi solo 29 punti e dove quasi si faceva la rimontona. Nel primo tempo, più che di emotività, si sarebbe dovuto parlare di assenza delle medesime, per quanto si è stati piatti e proni davanti al dominio di una Mantova non trascendentale (per interderci: i lombardi non hanno sfruttato dei 10/10 da tre o giocatori alla giornata della vita) che ha saputo fare il minimo indispensabile per domare una Fortitudo inguardabile. Dormiente dietro, specie nei soliti, e totalmente approssimativa in un attacco dove è chiaro che Thornton e Aradori vanno a corrente alterna, e dove in area non arrivano punti nemmeno a giocare uno contro zero. Poi il resto, ma con continui disastri a rimbalzo e sciagure al liberi: Groselle, dalla Polonia, si sarà fatto una risata.

E allora via con la solita rumba di mercato, ben consci che Dalmonte non gode dell'unanime simpatia dell'attuale organigramma dirigenziale e che eventuali mosse andranno, come sempre, fatte nel solco di interessi specifici e con posizioni non discutibili. Ma che manchino un lungo ed un esterno lo vedrebbe anche Polifemo dopo l'impatto con Ulisse, e a meno che Davis non sia uno dei Coma_Cose, l'addio deve essere una possibilità. Resta da capire quanto la società voglia venire incontro alle richieste del coach e della piazza, dopo aver ripetuto nei giorni pari che non si deve fare il passo più lungo della gamba e nei giorni dispari che il mercato non è chiuso. Ci si decida, mentre Candussi è alla finestra e un altro nome, quello del non trascendentale Cooke da Treviso - già sondato in passato - non pare per ora a portata di borsellino.

Ed ero contentissimo - Di cosa, non si sa.

Non me lo so spiegare - La metamorfosi negativa di Barbante. Thornton che è l'ennesimo esterno americano che si brucia in un contesto dove forse farebbero faticare anche MJ. Le padelle di Panni. Gli alti e bassi di Aradori, che almeno stavolta nel finale (dopo un lungo silenzio) ci ha provato. L'inguardabile attacco di Davis (anche se dietro ci ha dato). La confusione di Italiano. Bisogna andare avanti?

 

(Foto Valentino Orsini - Fortitudo Pallacanestro 103)

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