IL BASKET AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Un giorno torneremo a giocare, quando questo mix tra allucinazione collettiva e viroterrorismo si stancherà di entrare nelle nostre case. Ma per ora la palla non rimbalza, e la forte speranza è quella che il basket riesca ad avere una linea di pensiero collettiva senza finire come si sta sbrandellando il calcio. Dove sono le squadre più importanti a decidere cosa fare, e dove – misteriosamente – la serie B ieri ha giocato: diavolo, questi hanno trovato il vaccino, e non lo danno alle squadre di serie A? Ecco, che il basket riesca ad essere più democratico, e che possa decidere senza pensare che il giudizio di chi è primo in classifica valga più di altre. Cerchiamo di dimostrare di essere un mondo meno malato (nel senso metaforico del termine) di quanto non lo sia la pedata.
Quindi si sta a guardare, con il rischio che non si giochi nemmeno domenica prossima e che intanto qualcuno si stufi di tutta ‘sta faccenda. Palla ferma, anche se ad esempio ieri in Fortitudo un "allenamento congiunto" contro Reggio Emilia lo si è giocato (qualche tripla per Dyson, ci dicono) magari sperando che la maggiore vicinanza dei reggiani alle zone appestate non abbia portato a Torreverde anche bacilli senza biglietto – si scherza, eh – e che tutto sia andato per il verso giusto. Per ora, non si potrà nemmeno dire che il neoarrivato da Roma (ma che coraggio, avvicinarsi così ai lazzaretti del Nord!) non avrà avuto il tempo di ambientarsi, dato che chissà se domenica a Brescia ci sarà agonismo. Anzi, a questo punto ci si potrebbe chiedere se avrà avuto un senso tesserarlo, dato che con ‘sto andazzo Robertson potrà avere tutto il tempo di riprendere senza perdere nemmeno un minuto di gioco.
In Virtus ci sono emergenze più repentine, e decisioni che non dipenderanno solo dalle italpaturnie. Ci dovrebbe essere lo snodo decisivo per la stagione, tra qualche giorno, in Turchia: si partirà? Non si partirà? E se si dovesse partire, ci sarà modo di rientrare in aereo o si dovrà noleggiare un pulmino (debitamente sterilizzato) per tornare verso Bologna seguendo quelle che Battiato chiamava Strade dell’Est? I giocatori americani hanno già twittato un liberateci vogliamo giocare che se non facesse venire in mente una sciagurata campagna commerciale del Faraone Magno sarebbe anche bello da gridare. E se lo dicono gli americani, atavicamente perplessi davanti a tutto ciò che è extraUSA – ce le ricordiamo, le adenoidi del Boykinsino? – allora sarebbe il caso di pensarci. Però c’è anche il lungo stop agonistico di una V nera che dovrebbe giocarsi la stagione continentale dopo tre settimane di sole trecce in Arcoveggio, e che rischierebbe di far arrivare i bianconeri alla palla a due davvero anchilosati. O il Darussafaka che non è in un buon momento, e che magari vorrebbe aspettare un po’ per puro interesse e non per paure di tamponi. Ecco: che si decida seguendo logiche condivise e non cortilistiche, sapendo che la Virtus non potrà nemmeno usare le recenti tattiche messiniane (“Ci dovesse andar male inizieremo a tossire"), dato che in Lituania erano vaccinati.
Un giorno torneremo a giocare. Fosse anche di nascosto, convocando i tifosi tramite chat criptate.