Rok Stipcevic, che oggi torna a Roma da ex, è stato sentito da Andrea Barocci per il Corriere dello Sport. Un estratto dell’intervista.

“«Sono un tipo a cui servono emozioni e passioni: gioco soprattutto per quello. E a Bologna le ho trovate. Finché mi sentirò così, continuerò a giocare. Ma tomo con piacere a Roma: anche con tutti gli infortuni che abbiamo avuto in quell'anno con l'Acea, è stata comunque una bella stagione, anche dal punto di vista personale. Sono ancora in contatto con tanti compagni di squadra di allora: parlo con Ejim, Sandri, De Zeeuw, Morgan.
Un leader? E uno che fa sacrifici per gli altri e per il bene della squadra. Uno che dà l'esempio con i fatti in campo e negli spogliatoi, non con le parole o con le interviste.
Chi ammiro? Qualche giorno fa nel centro di Bologna ho incontrato una signora che viene dal mio Paese, la Croazia: mi ha raccontato che tutti i giorni, dal lunedì al sabato, si sveglia alle 5.30 per andare a lavorare dalle 7 alle 17 e per poter dar da mangiare al figlio. Mi ha detto che continuerà così per il futuro del suo bambino finché non morirà. Ecco, questa è una persona che mi ispira e che mi fa capire cosa è davvero la vita.
La guerra? Io so come stavo e come mi sentivo quando ero piccolo: non avevo quasi nulla. Per questo quando mi sveglio e sono grato per avere accanto a me mia moglie e mia figlia Siena di 3 anni e mezzo; per vivere una vita normale, per poter comprare alla mia bambina ciò che più le piace. Però tornare indietro con la memoria, ricordare cosa è successo e di chi era la colpa di quella guerra... No, questo non lo faccio mai: non mi darebbe nulla. Anzi mi farebbe solo male.
In Italia ci sono tanti stranieri che lavorano e sono ben accetti. Me si deve comunque essere sempre consapevoli che dobbiamo aiutare gli altri. I miei genitori mi avevano mandato sei mesi in Slovenia durante la guerra perché erano preoccupati della situazione, e lì tutti mi hanno accettato e aiutato. I mondo è uno, ognuno di noi vive qui: per questo bisogna aiutare le persone che ne hanno bisogno. Perché a volte la gente non ha alcuna altra scelta. Quando è così, credetemi, stai male. E in quella situazione, ti ricordi per tutta la vita di chiunque ti abbia dato una mano. Lo dico sempre: se si spendono miliardi per andare sulla luna, allora si potrebbe spendere qualcosa anche per dare un abbraccio a chi non ha un tetto sulla testa”


(foto Fortitudo - Valentino Orsini)

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