Pillastrini, "La Fortitudo rimane la favorita. Il mio Eurocamp, crescita e divertimento"

Stefano Pillastrini, abbiamo giocato un campionato a 38 squadre: è stato più bello, o faticoso? “Palesemente più bello. E’ stato un campionato bellissimo anche per le piazze che hanno partecipato, quelle con bei palazzetti e storia, o piazze emergenti con tanto entusiasmo.. Quindi di conseguenza anche molto faticoso, perché non siamo abituati a fare così tanti turni infrasettimanali. Ma basta prendere le misure: in Eurolega non è che siano marziani, anche noi abbiamo staff professionisti e siamo in grado di giocare più spesso. E’ giusto così, 30 partite per una squadra di professionisti è poco, e non dico che se ne debbano giocare 70-80, ma anche 50 in un anno è una cifra gestibile.. Serve adeguarsi”
E’ un modo per esprimere meglio i valori in campo? “Assolutamente sì, poi è un modo di premiare squadre con giocatori più giovani, che hanno tempi di recupero più veloci. Così come chi ha buone giovanili che ti permettono di fare allenamenti al completo quando hai casomai titolari infortunati. Sono cose che vanno a beneficio del basket, chi ha strutture migliori alla fine esce fuori. Io avrei giocato anche a 24 squadre”
Un pronostico per i playoff? “Lo dico da tempo, la squadra più forte è la Fortitudo. Ora, con De Nicolao, anche Cantù è tra le favorite, così come Rimini. Ora che è tornato Vencato la Effe ha un settore esterni con una fisicità impareggiabile, e anche se non ha fatto una stagione regolare di grande livello, ed è costretta a rincorrere con un playin rischioso, rimane la favorita”
Sei stato appena rinnovato a Cividale. E’ più facile fare programmazione e risultati in piazze meno storiche? “L’esempio lo sta dando la realtà di Trieste, che l’anno scorso ha portato in Italia un allenatore che non aveva alcuna conoscenza del mondo europeo ed ha iniziato con pesanti sconfitte. Però c’era un programma, non sono caduti nell’abitudine calcistica di voler cambiare tutto ogni settimana, si è creduto nel progetto e anche in A1 hanno fatto grandi cose. Questa è la via. O guardiamo Milano, che sta facendo Euroleghe insoddisfacenti ma vince scudetti. E guardiamo la differenza con la Virtus dove hanno cambiato allenatori troppo spesso: magari vinceranno il campionato e glielo auguro, ma se lo faranno è perché hanno già rinnovato Ivanovic per il prossimo anno. Se non si ha questa capacità di equilibrio si resterà sempre nelle mani di progetti senza futuro. Vince chi sa resistere nei momenti difficili, ricordando che anche dopo le vittorie possono arrivare situazioni complesse, ma il basket non è come il calcio: in America ci sono allenatori che stanno 20 anni sulla stessa panchina.
Ma i campionati si vincono con gli esperti, o con i giovani? “La verità è nella coerenza. Una squadra di esperti ha pro e contro che vanno equilibrati, e la stessa cosa se hai una squadra di giovani. Serve il tempo per capire come gestire le caratteristiche dei propri giocatori. Se fai una squadra di vecchi non puoi lamentarti se ci possono essere infortuni o altre controindicazioni. Se fai una squadra di ragazzini non puoi lamentarti se poi non hanno subito esperienza. Serve coerenza. La Fortitudo è fortissima così, così come lo è stata Udine. Io sono stato promosso più spesso grazie a giovani esplosi con il tempo, penso a Martinoni, Vitali, Scarone e chissà quanti altri, ma anche con gente come Galanda, Niccolai, Childress. I giocatori devono essere bravi a prescindere dall’anagrafe, e bisogna essere capaci di valorizzarli”
In italia si è ritenuti giovani fino ai 25 anni: dove stanno le colpe? “La nostra storia dice che tanti giovani hanno dovuto cercare fortuna all’estero, pensiamo alla Fortitudo che avrebbe potuto avere a roster Procida e Niang che sono tra i 5 giocatori più forti in Italia. Ma è un modus operandi di tutte le squadre italiane: succede così, e non è poi che all’estero ci siano situazioni più virtuose. Forse in Spagna o altrove c’è maggiore orgoglio nel voler valorizzare i propri ragazzi, ma nemmeno poi tanto”
Il tuo Eurocamp di Cesenatico. Cosa ti spinge, dopo un anno da "professionista", a ributtarti in questo progetto? “Avere il grande privilegio di fare della propria passione un lavoro. Non pensi ad altro, ti diverti quando alleni sia in estate che in inverno, anzi il camp è una grande ricarica perché questo aiuta in tutte le altre situazioni. E’ un modo per completare la mia annata, e il limite è che non faccio abbastanza perché potrei fare ancora di più. E’ un grande momento per tutti”
Cosa offrite? “Nel nostro camp i ragazzi si divertono, e abbiamo ben capito che si divertono quando c’è la giusta atmosfera, assieme poi a camp di altri sport. Quest’anno avremo anche il BoboCamp nel calcio, con Bobo Vieri che verrà ad aiutarci. Questo aiuta molto la socializzazione: abbiamo una cittadella sportiva che crea un clima magico e vacanziero. Ma il sale è cercare di imparare qualcosa dai campioni o dagli allenatori che vengono qua, qualcosa che ti porterai dietro e ti farà allenare meglio tutto l’anno. Ci sono tanti ragazzi che tornano qua per dimostrare i propri miglioramenti, è un circolo virtuoso.
Trovassi un ragazzo che era come ero io 40 anni fa, stavolta cosa ne farai? “Diventerà un campione, il suo talento verrà valorizzato. Ma io sono orgoglioso di aver valorizzato gente come te che poteva non avere talento ma che è rimasto legato allo sport: ci sono tanti modi per restare appassionati alla pallacanestro come arbitri, allenatori, sponsor, giornalisti. Anche questi sono risultati”
