(foto Legabsaket -  Ciamillo & Castoria)
(foto Legabsaket - Ciamillo & Castoria)

 Il presidente di Legabasket Umberto Gandini è stato ospite di Luci a Masnago. Un estratto delle sue parole riportate da Varesenews.

Partiamo subito parlando della grande novità del basket italiano e dello sport italiano: LBA TV. Qual è stato il primo impatto dopo il lancio?
«Molto buono: siamo andati online il 23 settembre e nel weekend scorso, in occasione della Supercoppa, abbiamo trasmesso le semifinali e la finale senza alcun intoppo. La trasmissione ha avuto uno studio ricco in apertura, con commenti di alta qualità e la partecipazione di personaggi come Trinchieri e Menetti. È stato scelto Alessandro Mamoli come volto di LBA TV mentre i commentatori sono quelli che si sono comportati meglio negli ultimi anni. Dal punto di vista tecnologico, non sono stati riscontrati problemi di banda, cosa non scontata: ricordiamoci che questa piattaforma non esisteva fino al 5 agosto, e in poco meno di sei settimane, grazie al lavoro di Deltatre e dello staff di Lega Basket, siamo partiti. Non siamo ancora al culmine ma questa è una maratona, non una corsa di 100 metri: l’importante è esserci ed essere pronti sfruttare una piattaforma come questa».

Quando sarà a regime l’applicazione e tutta LBA TV?
«Oggi l’app è disponibile su tutti gli store, sia Android che iOS, e può essere scaricata su tutti i dispositivi mobili. Abbiamo inoltrato tutte le richieste per l’inclusione negli store delle smart TV come Samsung, LG e altri e ora tutto dipende dai loro tempi di approvazione. Abbiamo esteso la presenza su Amazon Fire, siamo su Apple TV ma presto, credo, ci sarà la possibilità di essere distribuiti da altre piattaforme come Infinity e Amazon Prime con le quali stiamo discutendo. Vogliamo rendere LBA TV disponibile e raggiungibile in tantissime forme».

L’operazione di Lega Basket di diventare editore di se stessa è anche un’operazione di valorizzazione del prodotto basket. È una cifra del suo mandato visto che il fatturato dai diritti di broadcasting è quasi raddoppiato, arrivando a 12 milioni.
«I 12 milioni di fatturato sono sicuramente un indicatore. Questo riflette il lavoro della struttura LBA e delle società per far crescere la base degli interessati e degli appassionati che fruiscono del prodotto basket. Tutti gli indicatori sono positivi, inclusa una rate di occupancy (permanenza nei palazzetti) tornata ai livelli di 30 anni fa, durante il massimo splendore del campionato. Questo è un segnale, con più di 4.000 persone a partita che seguono il campionato nelle arene, un dato che mancava da moltissimi anni. Il prodotto sul campo è migliorato molto, con più identità e pulizia; la qualità del gioco è frutto degli investimenti delle società. La presenza di molti allenatori stranieri è un segnale di apertura del movimento. Il frequente cambio di giocatori, anche durante l’anno, è uno “scotto” della libera circolazione dei lavoratori, dovuto alla sentenza Bosman, che ha avuto un impatto importante sul basket. Il campionato è combattuto, e c’è un’alta probabilità di finire le partite con uno scarto inferiore ai 10 punti, con molte decise all’ultimo tiro. Detto questo, non sono convinto che le classifiche secondo cui la Serie A è il sesto campionato europeo per importanza siano credibili, anche perché non raccontano le motivazioni. Una parte considerevole della qualità di un campionato – secondo queste graduatorie – dipende dalle prestazioni internazionali delle sue squadre, un coefficiente FIBA in cui siamo un po’ deficitari. Ma c’è molto altro da considerare».

«Il progetto di diventare editori è una scelta dettata dalle condizioni di mercato, ma spero che sia lungimirante, offrendo un orizzonte temporale di almeno cinque anni per costruire qualcosa che vada oltre la semplice diffusione delle partite. LBA TV vuole essere il luogo principale dove godere della passione per la pallacanestro. Ci saranno prodotti originali, come già si fa nel digitale, e personaggi autorevoli (Trinchieri, Bargnani, Basile, e altri). Ci sarà l’utilizzo degli archivi, con l’obiettivo che LBA TV diventi un servizio attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7».

Per costruire il canale televisivo vi siete ispirati a qualche esperienza precedente?
«Gli esempi che ci sono in giro per il mondo, non tanto in Italia, ci hanno aiutato. Abbiamo optato per una piattaforma in streaming che offre anche una possibilità cosiddetta freemium, quindi che permette di fruire gratuitamente e in chiaro di una parte del prodotto dopo essersi registrati. Così svolgiamo un ruolo di “proselitismo” verso gli appassionati. L’operazione è indubbiamente commerciale e mira a un’interazione diretta con i fan, che possono fruire del prodotto come e quando vogliono. Sebbene si possa pensare che ci siamo ispirati a NBA Pass, non è proprio così perché quello non è fruibile negli USA mentre LBA TV è fondamentalmente un prodotto domestico. Altre leghe che hanno scelto di non essere più intermediate, come la Lega Francese di Calcio (Ligue 1), stanno valutando o hanno iniziato operazioni simili».

Questa scelta è innovativa e credo segua i flussi di mercato attuali, caratterizzati dalla frammentazione dei diritti TV.
«Abbiamo fatto un tender, un’offerta pubblica come richiesto dalla legge. Il problema principale era il desiderio delle emittenti di risparmiare. Noi mettiamo a disposizione oltre 240 partite che hanno un costo produttivo, e sempre più spesso il costo dei diritti si somma al costo di produzione. Grazie alla lungimiranza di Deltatre, è stata assunta la responsabilità della produzione a un livello in linea, se non superiore, a quello di DAZN dello scorso anno. E oltre a LBA TV, abbiamo riportato il basket di Serie A su Sky Sport, con il canale Sky Sport Basket, che rappresenta a miglior vetrina e con anche un accordo con Sky per la trasmissione in chiaro su Cielo di alcuni incontri».

Qual è l’orizzonte futuro? È prevista una prospettiva economica di rivendita del prodotto, magari ispirata all’acquisizione di NFL TV da parte di ESPN in America, con una interessante revenue sharing?
«Quello che succede oltreoceano di solito arriva in Italia dieci anni dopo. Tuttavia, avere una proprietà di tipo OTT (over the top) anche in join venture con un operatore tecnologico e finanziario come Deltatre permette di essere preparati per un probabile consolidamento delle varie offerte. È sicuramente anche un’iniziativa commerciale e spero che in futuro la Lega e le sue associate possano trarne un beneficio diretto».

Parlando dell’esperienza in Lega Basket: qual è stato il momento più bello e quello più difficile della sua presidenza? Che, lo ricordiamo, è iniziata il 9 marzo 2020, il giorno in cui l’Italia andò in lockdown.
«Il momento più difficile è stata la gestione del primo mese. Io fui eletto il 9 marzo e il campionato fu subito sospeso. Nessuno capiva cosa sarebbe successo in quello che divenne il più grande dramma sanitario del mondo moderno. Dover gestire la decisione federale di chiudere il campionato, con tutte le polemiche che ne conseguirono, fu durissimo, data l’assenza di consapevolezza sul futuro. Anche la gestione di un campionato a porte chiuse e le aperture a intermittenza è stata dura. Le cose più belle che ricordo sono quelle che tanti non sapranno o non apprezzeranno, ma che hanno caratterizzato i cinque anni. Tra queste la creazione del trofeo del campionato attuale, il nuovo trofeo della Supercoppa, la rivisitazione della Coppa Italia. E poi la creazione della Final Eight a Torino, grazie anche al suo spostamento stabile: è diventata l’evento di pallacanestro più importante in Italia per numero di presenze, con oltre 45.000 persone nel 2025. Infine la LBA TV che è evidentemente un lascito di un’importanza esagerata».

È dispiaciuto per com’è terminata questa avventura? In pratica è entrato papa in conclave e ne è uscito cardinale.
«Sì, ci sono rimasto male, non me l’aspettavo, e non eravamo preparati. C’era una solida maggioranza a favore della mia rielezione, ma è mancato un solo voto nel segreto dell’urna. Nel corso del tempo, si è creata un’opposizione, le cui motivazioni sono ancora curiose da comprendere. Ho scelto di non creare ulteriori fratture e le società hanno scelto un altro tipo di presidente, Maurizio Gherardini, con un profilo più “di campo”. Ora, credo che anche io – dopo cinque anni da presidente e venendo da una città come Varese dove si respira questo sport – non posso non essere definito un uomo di basket, ma questo è un giudizio personale. Mi sono occupato di una Lega che in campo non aveva bisogno di me, essendo una Lega con enormi differenze tra le società (budget, storia, impianti, seguito). Il risultato migliore è stato forse quello di tenerle insieme per cinque anni, evitando la litigiosità che aveva caratterizzato alcune esperienze precedenti. Quella fatta dai proprietari è una scelta legittima e che accetto, anche se mi dispiace».

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