Nel ventennale della vittoria dell'Eurolega a Barcellona (21-23 aprile 1998) Luca Aquino sul Corriere di Bologna ha intervistato uno dei protagonisti, Zoran Savic.
Ecco un estratto delle sue parole.

Tutti volevamo entrare nella storia di questo club vincendo la prima Eurolega. Battuta la Fortitudo eravamo consci che dovevamo andare a Barcellona per vincere. Sapevamo di essere la squadra più forte. Adoravo giocare quel tipo di partite e il formato della Final Four. Il mondo si fermava a guardarti. Io e Sasha eravamo gli unici ad aver già conosciuto quell'atmosfera, non vedevamo l'ora di scendere in campo.
C'erano oltre 7000 tifosi. Dormivamo nell'albergo in centro dove aveva alloggiato anche il Dream Team. Passeggiando per le Ramblas oppure andando a mangiare al ristorante incontravi solamente dei tifosi della Virtus. Pressione o carica? Ci hanno dato grande carica, però sentivamo anche la pressione della grande squadra che deve vincere qualcosa. Sotto pressione i grandi giocatori si esaltano.
In finale i giochi furono chiusi da una tripla di Savic. Lo ricordo bene. Pick and roll con Sasha, passaggio e il tiro ci avvicinò alla vittoria. Eravamo migliori di loro, eravamo un gruppo di carattere abituato a vincere battaglie importanti. Superare nei quarti una squadra incredibile come la Fortitudo ci aveva dato questa consapevolezza.
Il tiro più importante della carriera? Forse avremmo vinto anche senza quel canestro. Ma è il tiro che ricordo di più, una nervosa perché è uno dei miei pochi serie di playoff canestri da tre.
MVP? La cosa più importante era la conquista dell'Eurolega. Per noi, per i tifosi, per la società che non l'aveva mai vinta. Un godimento incredibile, ma ancora più bello è il risveglio il giorno dopo quando ti rendi conto di far parte della squadra più forte d'Europa.

Un aneddoto? La partita di calcetto alla fine dell'allenamento fra la semifinale e la finale. Durante la preparazione estiva avevo detto al prof Grandi che non avrebbe avuto il coraggio di farci giocare prima della finale di Eurolega. Lui mi disse: "Tu portami in finale e ci penso io". Ovviamente non mi ricordavo questa battuta, ma alla fine dell'allenamento il prof. arriva con il pallone. Messina quasi sviene, ma lui rispettava Grandi e ci ha fatto giocare contribuendo a rilassare l'ambiente. Il bis all'aeroporto? Lì era un altro tipo di calcetto, era più rilassato anche Messina.

2 APRILE, IL GIORNO DELLA FORTITUDO VITTORIOSA A REGGIO EMILIA E DI TEO ALIBEGOVIC
BIGNAMI CASTELMAGGIORE - UPEA CAPO D'ORLANDO 93-91