Sembra uno scherzo ma non lo è. Un ricorso effettuato al Carpacons - che già anni fa si era occupato dell'inno nazionale prima della partite di A2, ritenendolo "troppo inflazionato" - da un tifoso Fortitudo ha trovato la via giusta per andare a rimettere in discussione l'esito dell'incontro più famoso della storia, o quasi. Ritenendo non corretto il fischio che decise la famosa gara 5 della finale 1998, Tiziano Lucci - questo il nome del ricorrente - avrebbe denunciato la totale mancanza di controllo su una decisione che ha di fatto alterato il corso della partita. Non serve andarlo a ricordare: con palla in mano sul -4, Danilovic uscì da un blocco e tirò da 3 punti usufruendo anche di un fallo di Dominique Wilkins. Nel ricorso di Lucci si evidenzia come l'eventuale fallo fosse stato commesso prima del tiro di Danilovic: la fischiata corretta avrebbe quindi annullato il canestro e, ovviamente, anche l'aggiuntivo che permise alla Virtus di raggiungere la parità.

"Dopo 25 anni è giusto che un simile errore di valutazione venga corretto - questa la motivazione del ricorso - soprattutto alla luce della possibilità, oggi, di riguardare quell'episodio con diverse tecnologie e differenti ideologie".

Pur essendo passato così tanto tempo, non prevedendo la legislazione sportiva una prescrizione la cosa è stata presa in considerazione. E recenti casi di annullamento di risultati sul campo (ad esempio, gli scudetti di Siena revocati) dimostrano che le decisioni possono anche essere retroattive.

A questo proposito il Tribunale Federale FIP avrebbe quindi congelato l'esito di quella partita (conclusasi poi, al supplementare, con la vittoria della Virtus) rimandando alle prossime settimane la decisione definitiva. Atto dovuto, dal momento che il ricorso è stato depositato e, quindi, non ignorabile.

Due, le ipotesi. La più probabile è che quello scudetto rimanga non aggiudicato, cosa possibile dopo il precedente del 2020 (una coltellata, dissero allora in Virtus), mentre sarebbe complesso rigiocare l'intera gara - o anche solo le ultime azioni - per ovvie ragioni logistiche.

"Io quel canestro l'ho segnato, possono dire quello che vogliono ma nessuno me lo toglierà", ha scritto Danilovic sui propri canali social, facendo anche presente che sarebbe disposto a rigiocare la partita in qualsiasi momento. 

Diverso il pensiero di Myers: "Non ero in campo nell'attimo del fallo, ma era ben chiaro a tutti, tranne forse a pochissimi, che quel fischio non era corretto. Ed è giusto che ora la cosa venga evidenziata: la Fortitudo è stata danneggiata, poco da dire".

Cambiate le dirigenze, nè l'attuale proprietà della Virtus che quella della Fortitudo si sono espresse in maniera battagliera sulla anomala questione: "Quello scudetto appartiene a tutti i virtussini - dice Luca Baraldi - e non sarà una strana richiesta fuori tempo massimo a cambiare il corso della storia". In casa Fortitudo, invece, si ride sotto i baffi: "Giusto così: non ci verranno cancellati 25 anni di sberleffi, ma almeno che si sappia che sono stati tutti figli di un errore, e mi fermo qua"  dice il presidente Stefano Tedeschi, mentre il figlio Andrea si dichiara preoccupato per quelli che saranno gli sms che arriveranno domani al suo programma quotidiano su TRC. "Da anni abbiamo sempre cercato di mantenere ottimi i rapporti tra le due tifoserie - dice Andrea - ma domani come farò?"

E' proprio la differenza di clima rispetto al 1998, quando tra Virtus e Fortitudo era in atto una vera e propria guerra fredda, a rendere strana la questione. Si vedrà quale delle due società, al di là delle dichiarazioni alla stampa, farà mosse ufficiali nei confronti della FIP per chiudere il contenzioso. E sarà da valutare quanto questo interferirà con l'iniziativa organizzata a Rimini da Carlton Myers, il Sandrimini, che proprio in questi giorni era stata pubblicizzata sul profilo Instagram dell'ex Fortitudo con una striscia di foto che proprio sul tiro da 4 ironizzava.

Myers Danilovic
La storia pubblicata da Myers sul proprio profilo Instagram

Il testo del ricorso al Carpacons, però, parla chiaro: quello che è stato potrebbe non essere più. O, almeno, cancellato dall'albo d'oro.

 

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