In occasione del ventennale del primo trofeo Fortitudo, la Coppa Italia vinta il 1° febbraio 1998, coach Valerio Bianchini è stato intervistato da Repubblica e Resto del Carlino.
Ecco un estratto delle sue parole.

Vent'anni dopo sono ancora molto orgoglioso di quella Coppa Italia. Fu una vittoria che insegnò a tutto l'ambiente della Fortitudo che non era più il piccolo monello che ogni tanto fa lo sgambetto alla nobile signora. Finì l'era del sentirsi dei perdenti e della soggezione davanti alla Virtus.
All'arrivo in Fortitudo, convinto da Myers, ci fu qualche problema. Mah, avevo già scelto l'americano per il ruolo di ala piccola, Johnny Newman, ma mi telefonò Toni Cappellari e mi disse: il presidente ha preso Dominique Wilkins. La reazione? Mi avevano preso Wilkins, mica mi potevo lamentare. Il primo giorno gli chiedo: dove vuoi giocare? E lui, lei è il coach, io gioco dove mi dirà lei. Al primo allenamento con tanti via per la Nazionale c'erano solo dei ragazzini. E Dominique mi fa: chi sono, i local boys, i ragazzini del quartiere?
Poi però nacque una grande squadra. Sì, e una delle chiavi fu David Rivers, il play. Mi aiutò a dare un gioco ad una squadra mica facile. Lui distribuiva, da una parte aveva Myers, dall'altra Wilkins, ma Carlton qualche volta la passava, Dominique mai. Comunque trovammo un assetto, avevo gente come Chiacig, Fucka, Galanda. Quella coppa la vincemmo battendo la Virtus e poi la Benetton. Fossi rimasto avremmo vinto lo scudetto, che per me sarebbe stato il quarto in carriera.
Perchè l'esonero? Mi mandò via Seragnoli. E a distanza di anni continuo a pensare che fece uno sbaglio. Poi i presidenti che investono tanto chiedono vittorie, ritorni. Ma quelli sarebbero arrivati, questioni di carattere, a distanza di anni posso capirlo ma resta un errore. E io non mi sottrassi alla polemica.
Com'era Bologna a quei tempi? Unica, diversa, magnifica. Il basket era in un contesto dove c'erano cultura universitaria, grandi cantautori e una buona amministrazione di sinistra. La rivalità
tra Fortitudo e Virtus esaltò il basket italiano. Era il nuovo Rinascimento. Giorgio Seragnoli era Lorenzo il Magnifico. E io? Savonarola.

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