Era già successo 25 anni fa, l'esonero alla vigilia dell'esordio dei playoff. Ma, con tutte le proporzioni, la chiusura del rapporto con Valerio Bianchini è qualcosa di un po' diverso rispetto a quello con Luca Dalmonte, ennesimo allenatore richiamato al capezzale della bisognosa Fortitudo e poi giubilato con poche gioie e molte problematiche.

Luca Dalmonte arrivò a luglio, non dimentichiamocelo, quasi come unico ad accettare una panchina che in quel momento aveva il deserto attorno: i cambi nella dirigenza, i no di Esposito e Caja, e una squadra totalmente da rifare. Firmato anche come elemento di garanzia, visti i buoni risultati ed il feeling con il pubblico, in un momento in cui il popolo Fortitudo aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi.

Con profilo basso, passo non più lungo della gamba, ma con rapporti che con lo staff della proprietà hanno iniziato a logorarsi qualche mese fa, tanto che - come riportato due mesi fa, era stato proposto il nome di Giancarlo Sacco al suo posto. All'epoca la cosa non andò in porto per divergenze all'interno della società stessa, in particolare fu Matteo Gentilini a ribadire la sua fiducia al coach.

Risultati sempre meno positivi, anche se con una squadra ridotta all'osso, poca comunicazione tra reparti, voci di gruppettini all'interno dello spogliatoio: dopo le manovre di mercato che hanno portato - forse con ritardo rispetto alla segnalazione di necessità - Vasl e Candussi in Fortitudo, l'ultima problematica, a quanto pare, la trattativa con Adrian Banks aperta e chiusa senza un reale confronto tra società e staff tecnico.

Alla fine Dalmonte paga principalmente l'essere rimasto praticamente isolato all'interno del mondo Fortitudo, con l'appoggio della curva che mai è venuto a mancare ma, forse, la mancanza di rapporti con chi lo aveva già giubilato da qualche mese. Con esito che, con il senno di poi, nessuno si è veramente sorpreso per una operazione se non prevista, almeno, prevedibile.

(Foto Mauro Donati)

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