Marco Belinelli - intervistato da Luca Aquino sul Corriere di Bologna - ha parlato del "suo" tiro e del lavoro fatto per allenarlo.
Un estratto delle sue parole.

Non basta il talento se non lo alleni. Il mio tiro non è sempre stato così, ci ho lavorato tanto non per perfezionarlo ma per renderlo funzionale.
Il lavoro fatto nei primi due anni in NBA, quando giocavo poco e mi sono impegnato ad allenarmi sul mio gioco, ancora me lo porto dietro. In NBA si migliora: Tony Parker non tirava così e Leonard non era quel fenomeno, solo per rimanere a due casi che ho visto da vicino. Il momento più importante è stato a Chicago con Ron Adams, uno degli assistenti. Si è accorto che avrei potuto avere percentuali migliori senza abusare del tiro cadendo all'indietro, abbiamo lavorato tantissimo sul polso per avere un movimento perfetto che si trova solo con la ripetizione. 

In estate c'è sempre il lavoro con "Murphy" Sanguettoli. Lavoriamo su tutto, tiro, gioco di piedi, mano destra, mano sinistra. Esercizi di ogni tipo, anche con una scopa per migliorare la parabola".

Ho adeguato il mio tiro quando in Nba ho messo su 12- 13 kg di massa rispetto ai tempi della Fortitudo. Saltavo un pelo meno ma con un equilibrio più stabile. Quel movimento che si vede anche oggi, con le uscite dai blocchi velocissime o anche fuori equilibrio è qualcosa nato lì.
A volte mi prendono in giro, provano a imitare il mio tiro in uscita dai blocchi ma non è facile. C'è un lavoro dietro, non mi sveglio la mattina e decido di tirare così perché penso di essere Jordan o Kobe".

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