Partita con l'idea di navigare a vista e vedere come va, proseguita con l'imposizione (suffragata anche dal non indifferente restyling di mercato) di arrivare alla promozione: letti i risultati, la stagione della Fortitudo non può che essere archiviata sotto il file del fallimento. Ma non è che ci si potesse aspettare altro, e la debacle di Cento non ha fatto altro che provare quello che già si sapeva, e che peraltro nessuno aveva mai negato, Tinti e Politi in primis. Ovvero, che la squadra era stata fatta accumulando giocatori di categoria superiore senza valutarne minimamente affinità tecniche e mentali, in un gioco più simile al fantabasket che non alla pallacanestro vera e propria. D'altra parte, le dichiarazioni dei singoli, tutte rigorosamente a microfoni accesi, dimostravano tante cose: guardicchiando qua e là, lasciando al lettore il gusto del "chi l'ha detto?", si passa dal "non vorrete mica che difenda per 30 minuti" al "cosa volete, ho tirato solo 5 volte in 35'" al "non sono uno che si sbuccia le ginocchia per recuperare un pallone". Tinti aveva quasi subito alzato le mani, affermando di non poter essere nelle teste dei giocatori, e Politi nulla ha potuto fare, pur con materiale umano diverso, per girare il trend. Inizio faticoso, forse dovuto alla novità del roster e alla cosiddetta pressione. Poi alti e bassi, scarsa continuità, il cambio di panchina, i rinforzi, i dubbi sul turnover, l'effimera gloria dell'orologio e il tracollo centese. Ecco una disamina, soggettiva come ogni pagella, di tutti quelli che si sono visti.


Caroldi - voto 5 - Uno dei tanti leader designati di una squadra che per forza di cose mica poteva averne dieci, di capobranco. Difesa da rivedere (nel senso che spesso nemmeno si è vista) e attacco dove, incapace - e dagli torto, a posteriori - di tenere insieme un puzzle impossibile da costruire, alla fine nemmeno a provarci in proprio è riuscito a far qualcosa. Digerisce il passaggio alla panchina anche perchè Politi comunque si affida a lui negli ultimi quarti, ma senza mai ergersi a protagonista. Citato fin da subito dai tifosi come uno dei peggiori, in realtà non è che fosse da solo, nel far male. Chiude con 9.7 punti, 3 assist e il 46% al tiro.

Venturelli - voto 5 - Come avere dei piatti da lavare e prendere una lavatrice. Abituato a far da attaccante con la palla in mano, si ritrova con troppi galli attorno e la difficoltà di entrare in ritmo, con Tinti così come con Politi. Non si può dire che non si sbatta, però, provando a difendere come forse mai in carriera e non forzando tiri solo per il gusto di lucrare sulle proprie statistiche. Anzi, nei momenti migliori dell'attacco è lui l'uomo-assist che legge le situazioni e sa dove andare a cercar l'uomo giusto. Ma quando gli viene chiesto di far per sè, basse percentuali e lucidità che diventa, ahilui, una chimera. Tra le meno deludenti delle delusioni, se si può dire. Chiude con 9.2 punti, il 36.7% al tiro e 2 assist.

Pederzini - voto 5 - Avesse voglia di prendere spintoni e gomitate, potrebbe essere un 4 di tutto rispetto. Così resta un 3 atipico, del tutto privo di tiro da 3 (0/14 in stagione, roba mai vista nel basket del terzo millennio, perfino nelle minors) e con l'impressione di essere un lussuoso oggetto privo, però, della giusta robustezza per trasformarsi anche in qualcosa di utile. Parte bene, poi quando inizia il marasma si tira ulteriormente indietro, vittima anche di qualche acciacco. Qualcuno ne reclamava l'uscita dai 10, all'inizio dell'era del turnover, per dare maggiore equilibrio ad una squadra con troppi coperti da servire e pochi cuochi. Ma non era l'unico, per intenderci, che si sarebbe potuto provare a sacrificare. Chiude con 10.5 punti, il 50% da 2 e 4.2 rimbalzi.

De Min - voto 5 - Ormai pare un giocatore che ragiona come un 4 dinamico nel corpo di un 5 statico. Cerca di non pestarsi i piedi con Spizzichini con cui spesso intasa un'area dove quando la palla arriva è raro che torni fuori, lotta a rimbalzo e con il suo collega di ruolo si divide i compiti: lui ha cifre inferiori ma atteggiamento, almeno in apparenza, migliore. E' anche vero che a rimbalzo, dove all'inizio si credeva potesse esserci un difetto di fabbrica, la F quasi mai tracolla. Però, nel momento di stringere i denti, lui alza gli occhi al cielo come se nulla potesse fare per cambiare il trend. Di fatto, però, un bel po' di più glielo si poteva chiedere. Chiude con 10.4 punti, il 50% al tiro e 7.9 rimbalzi.

Spizzichini - voto 5 - Cifre da non disprezzare, ma se qualsiasi interlocutore dell'area tecnica ne ha evidenziato anche e soprattutto i problemi caratteriali, qualcosa di vero ci deve essere. Vorrebbe allontanarsi da canestro, lo mandano in area, e ne esce una fisicità che porta a rimbalzi ma anche a tanti errori in facili appoggi che lo portano, piano piano, ad innervosirsi e a calciare il famoso secchio di latte munto. La potenza è nulla senza il controllo, come si soleva dire in una antica pubblicità, e lui potrebbe farne da testimonial. La squadra funziona meglio in sua assenza, e vai te a capire se l'orologio sia stato un caso o solo la prova di maggiore equilibrio, specie dall'arrivo del meno ingombrante Landi. Chiude con 12.6 punti, il 46% al tiro e 9.6 rimbalzi.

Sabatini - voto 6,5 - Se il tifoso Fortitudo si aspetta da un giocatore che vada oltre i limiti previsti, lui è l'unico che ha incarnato codesto spirito. Arrivato con l'umana diffidenza di chi poteva essere visto come un raccomandato, ci mette un attimo a dimostrare che nessuno dei minuti a lui concessi è stato regalato, anzi. Difesa colossale sulla palla, roba da cambiare il trend di una partita con la pressione a metà campo, grande rimbalzista offensivo e attacco che piano piano è parso meno improvvisato (da giocatore che, abituato ai 3vs3 a metà campo, fatica ad orientarsi nel traffico dei 5vs5). Tiro da migliorare anche se qualche vittoria è passata dalle sue triple, e non è colpa sua se, al momento di far uscire fuori l'esperienza, chi ce l'avrebbe dovuta avere si è tirato indietro. Quella proprio non gliela si poteva chiedere. Chiude con 6.1 punti, il 43% al tiro e 2.6 rimbalzi.

Fin - voto 5,5 - Capitano che dovrebbe spaccare con un tiro da fuori che però fatica a diventare roba su cui affidarcisi ad occhi chiusi, è inevitabile che nel momento del turnover diventi il principale candidato a restare a piedi, se non altro per una questione quantitativa (è, tra i senior, quello con il minutaggio minore). Viene però a mancare il suo ruolo occulto di equilibratore, di collante tra reparti, e magari di giocatore - uno dei pochi - che non inizia a scalciare se non vede la palla per più di due azioni. La squadra pare andare meglio con lui in campo, ma è col senno di poi che possono fare queste disamine: a Cento c'era, impotente davanti al disastro, per dire. Chissà: di certo, quando si può scegliere è un attimo sbagliare, ed è facile pontificare dopo. Chiude con 5.2 punti, il 35% da 3 e 3.1 rimbalzi.

Sorrentino - voto 5 - Pescato a metà stagione dal piano superiore (dove già era arrivato scendendo da una Legadue dove un suo posto se lo era ritagliato), è come se faticasse a riconoscere in questa nuova entità la Fortitudo dei suoi tempi. Deve fare da protagonista, ma dopo anni da (ottima) spalla essere una guida non è una metamorfosi automatica. Parte bene, poi si trova a dover combattere con i falli ad ogni gara, uscendo però alla distanza nel momento del bisogno. Cosa gli capiti nei nervosi e sopra le righe playoff lo sa solo lui, ma alla fine delude. Un peccato, a dimostrazione però che non è solo con i grandi nomi che si fanno le squadre buone. Metterne in dubbio l'attaccamento, però, non sarebbe giusto. Chiude con 12.8 punti, il 43% al tiro e 2.2 assist.

Verri - voto 5 - Il mistero dell'inverno. Arrivato in un momento in cui sembrava che nel frigo mancassero pane e prosciutto, e dalla spesa fossero arrivati latte ed albicocche. Serviva un tiratore e/o un rimbalzista, cose che non sono nel suo pedigree, tanto che è stato legittimo, alla firma, porsi qualche interrogativo. Fatica ad entrare in un meccanismo che, già fin troppo barocco in condizioni normali, è un Bartezzaghi per chi non sa bene dove e come collocarsi. Il peggiore dei suoi tre anni bolognesi, malgrado i due anni in più rispetto alla B2 degli Eagles e le due categorie in meno rispetto alla A2 della Biancoblu. Ogni tanto pare accendersi, ma siamo sempre nell'ambito del cercar di rendere pera chi nasce come mela. Chiude con 5.9 punti, il 32.1% al tiro e 2.8 rimbalzi.

Landi - voto 6 - Il tempo di adeguarsi al mondo dei senior, e subito diventa un protagonista. A differenza di Verri, che è uomo di sistema che soffre dove sistema non c'è, lui sta lì, aspetta che gli arrivi la palla e cerca di fare qualcosa, anche fuori dagli schemi. Quando gli entra il tiro diventa un'arma che a questi livelli, malgrado l'età e qualche leggerezza difensiva, non ha nessuno, ma come per il compagno di giovanili Virtus Sabatini non si può trasformare in esperta guida nel momento delle difficoltà massime. Ora sta a lui (e alla V nera dove tornerà a fine prestito) decidere cosa fare da grande. Ma sicuramente gli avrà giovato di più il giocare in B2 che non, magari, far panchina altrove. Chiude con 10.6 punti, il 44% al tiro e 4.6 rimbalzi.

Seravalli - voto NG - Fatica ad ambientarsi e soffre il boom di Sabatini, anche se gli va riconosciuta una certa importanza nel pressing difensivo in alcune situazioni. Viene ceduto a metà stagione.

Tinti - voto 6 - Alibi ne ha tanti: una squadra costruita come un patchwork tutta da studiare, un roster che con lui in panca non era di certo quello che il campionato lo ha finito (citofonare Seravalli, De Ruvo e Bartolozzi, e confrontarli almeno sulla carta con Sorrentino, Verri e Landi). Gli si addebita il poco bastone e la troppa carota, ma seconda in classifica era la truppa con lui presente, seconda è arrivata prima dei playoff. Come se avesse capito subito che c'era poco da fare, se nel collage c'erano troppi pezzi concavi e pochi convessi. Qualcuno alla fine lo rimpiange, ma non avrebbe potuto comunque usufruire della classica bacchetta magica.

Politi - voto 5 - Un voto in meno rispetto al predecessore, se non altro per la già citata differenza di potenziale umano a disposizione. Cerca di migliorare in difesa, ma alla fine i difetti rimangono gli stessi: poca concentrazione, primi quarti spesso in ciabatte, incapacità di tenere la strada nei momenti di panico. Sembra aver trovato il feeling giusto con le sei vittorie consecutive prima dei playoff, ma quando si inizia a giocar duro nulla può fare. E sull'uomo in più da lui richiesto, come detto, facile col senno di poi dire che le scelte sono state sbagliate, come il fatto di non essere riuscito a trovar gerarchie precise laddove, comunque, a farlo sarebbe servito un rabdomante. Peccato l'aver evitato i microfoni a fine gara con Cento, ma forse la pressione di un ruolo per lui inedito davanti a questi palcoscenici è stata troppa.

Società/Proprietà - voto 5 - Non è che sia stata una gran mossa, se vogliamo, iniziare con le scudisciate arrivate dopo la prima sconfitta, se di pressione vogliamo parlare. Ma la stagione era nata, come detto, con giocatori presi senza valutarne la compatibilità, e che alla fine hanno vissuto l'essere in Fortitudo come un onere più che un onore. Che ci fosse voglia di crescere lo ha dimostrato il far mercato in inverno, ma anche qui le scelte non sono state azzeccate. Quando salta Tinti, l'impressione è che si vada su Politi più per questioni economiche che altro, e non è che l'addio di Calamai, ad un tratto visto come capro espiatorio di tutto l'ambaradan, cambi le cose. Dal canto suo Anconetani è rimasto in ombra, forse troppo (magari, davanti alla rabbia dei tifosi che ha portato alla squalifica del campo, sarebbe dovuto andare lui sotto la curva, e non lasciare che fossero i giocatori a farlo) mostrando di non avere chiaro, chissà, il panorama che si trovava di fronte. Intanto, sarebbe un bel segnale provare a rimborsare gli abbonati per i playoff, che alla fine hanno pagato per una sola partita. Ora i rischi sono tanti, e non è solo questione di delusione post campionato: si deve ricominciare da subito, indifferenti al fatto che negli ultimi anni spesso i verdetti del campo sono stati alterati (verso l'alto e verso il basso) da cosa hanno deciso le carte bollate. Perchè non si può continuare ad abusare del concetto di "cuore Fortitudo" come se nulla fosse: servono professionalità certe laddove si deve costruire e decidere, senza badare ad altro. E capire quali siano le risorse, perchè se si vuole parlare di rinascita c'è bisogno di sappiamo cosa. Altrimenti, che si parli invece di sopravvivenza, con annessi e connessi.

(foto Valentino Orsini - 1000cuorirossoblu)
IL RITIRO DI MATT WALSH
PESARO - FORTITUDO SUPERCOPPA 2001, PAGELLE E STATISTICHE