Matteo Boniciolli è stato intervistato da Daniele Labanti sul Corriere di Bologna.
Ecco un estratto delle sue parole.

Siamo quattro candidate alla promozione a pieno titolo. In sede di pronostico, mi fregio di aver detto che accanto alle solite erano da tenere d'occhio Trieste e Ravenna.
Tutti tengono d'occhio Fortitudo e Virtus? Perchè abbiamo il nome, il lustro. Ma anche Trieste ce l'ha. E se ci guardate, c'è da chiedersi quanto tempo ancora impiegherà il nostro basket prima di dotarsi di criteri non dico moderni, ma almeno contemporanei. Le promozioni e le retrocessioni sono un concetto arcaico, il basket quarant'anni fa si è inventato i playoff che parevano una bestemmia e invece sono stati la nostra fortuna. Ora non si dovrebbe inventare nulla ma solo copiare chi, dall'altra parte dell'oceano, da decenni ha il concetto di franchigia e di lega. E non mi pare sia morto nessuno.
Finale Derby? Non se ne deve neanche parlare. Qui la Fortitudo e la Virtus sono davanti a serie durissime. Sarebbe presuntuoso pensare che il derby sia la finale più giusta, o quella ineluttabile.
Sul temere Trieste. Io credo che la mia squadra debba fare un altro salto di qualità, nella maturità e nella gestione delle partite. Andremo davanti a 8000 persone, contro una squadra tosta, il livello di attenzione si deve alzare. I nostri giovani sono cresciuti grazie al lavoro ma rimangono giocatori con poco vissuto alle spalle. Mi fa piacere trovare ogni sera giocatori diversi che fanno la gara, pensate a Gandini nell'ultima.
La Fortitudo è più forte? Tutti ricordano che io ho detto di essere favorito, nessuno rammenta che ho pure detto di firmare per fare come ha fatto Brescia. Finale, semifinale, promozione in tre anni. La semifinale sarebbe un ottimo risultato. La finale sarebbe un trionfo assoluto.
Su cosa gli piace della sua Fortitudo. Il gruppo. I veterani, come Mancinelli e Cinciarini, dicono che in un gruppo così non c'erano mai stati. Sapete perché? Perchè la fatica unisce. Crea solide relazioni. Ogni tanto incontro Sartori, Cantarello, altri del gruppo di Tanjevic a Trieste. Gente con cui ci allenavamo sulla neve, come Rocky, senza sosta. C'è un legame tra noi che è difficile da spiegare. Questa è la Fortitudo oggi.
Sul suo ruolo nella rinascita di Trieste. Guardo una parte di me che ora cammina con le sue gambe, Freud ci ha scritto qualche libro. Il sindaco mi ha dato le chiavi della società dopo la salvezza conquistata in C1 davanti a 4000 persone. Appena arrivai però gli ultras locali mi contattarono perché volevano parlarmi delle loro agevolazioni. Io gli ho risposto che non volevo parlare con loro, perché ero impegnato a creare un ambiente dove potessero venire le famiglie e i bambini. Da allora mi insultano, ma pensano di me quello che io penso di loro.
Un possibile giocatore chiave? Mancinelli. Quando lui gioca, cambia le dimensioni della Fortitudo. All'inizio diedero del matto a me e del bollito a lui. Ma io lo sapevo. Lui è come la Callas, canta più volentieri alla Scala che al teatrino di Patrasso. E i playoff per noi sono la scala.

(foto Fabio Pozzati)

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