nba camp
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Un’operazione di mercato senza precedenti ha riscritto la storia dell’NBA: in una complessa catena di scambi che ha coinvolto sette franchigie, Kevin Durant ha lasciato Phoenix per approdare a Houston. Dal numero dei giocatori coinvolti ai draft del 2032, l’affare racconta molto di come il salary cap stia cambiando il gioco, e di come i Rockets puntino subito al titolo.

Dopo settimane di indiscrezioni, nella notte tra domenica 6 e lunedì 7 luglio lo scambio è diventato ufficiale. Sette squadre, Rockets, Suns, Hawks, Warriors, Timberwolves, Nets e Lakers, hanno unito le forze per far quadrare salari, necessità tecniche e scelte future, dando vita al più grande affare mai registrato in NBA. L’elemento cardine è l’arrivo di Kevin Durant a Houston: il 15 volte All-Star, 26,6 punti di media nella scorsa stagione, porterà esperienza e talento a una squadra già seconda a Ovest nel 2024-25.

Effetti immediati: roster, salary cap e scommesse sportive

Il terremoto di mercato ha prodotto riflessi istantanei anche oltre il campo. I bookmaker di DraftKings hanno ritoccato le quote titolo dei Rockets da +1200 a +750, seconda forza dietro ai campioni in carica di Oklahoma City, mentre la quota per raggiungere le finali di conference è scesa da +750 a +400. Nelle scommesse sportive la percezione del pubblico segue la logica del “nome di grido”: l’arrivo di un fuoriclasse con 26,6 punti e 4,2 assist di media pesa più di qualsiasi considerazione tattica sulla convivenza con i giovani tiratori texani.

Per i fantasy-manager e gli analisti di cap, invece, i numeri contano eccome. Houston ha portato il suo monte salari a un passo dal primo apron, ma ha evitato il secondo grazie al coinvolgimento delle altre cinque squadre di passaggio. Con un cap fissato a 154,6 milioni, superare il secondo apron di 207,8 milioni avrebbe impedito ai Rockets di firmare buy-out e usare trade exception per un anno intero. La scelta di sacrificare Green e vari contratti minori consente ora al front office di ritoccare la panchina durante la stagione, magari aggiungendo un tiratore veterano.

Come si è arrivati a uno scambio mai visto

Tutto è partito come un tradizionale accordo a due tra Suns e Rockets il 22 giugno, nella giornata di gara-7 delle Finals. Nei giorni successivi, però, altre franchigie si sono aggiunte per “spacchettare” stipendi e incentivi fiscali, evitando ai protagonisti di superare le soglie più punitive del nuovo CBA. Ogni squadra ha inserito un pezzetto, dai contratti in scadenza ai diritti su giocatori europei, finché il puzzle non ha raggiunto la forma definitiva a inizio luglio.

Le penalità introdotte dall’NBA per chi oltrepassa i vari “apron” hanno spinto i general manager a percorrere strade creative: spostare un contratto pesante in una terza o quarta destinazione, assorbire eccezioni di trade, ottenere seconde scelte future che pesano poco sul monte salari. L’accordo Durant è la versione estrema di questo meccanismo, reso possibile anche dall’avvio del nuovo tetto salariale che, pur più alto, mantiene margini stretti per le squadre già cariche di superstar.

Chi ha cambiato maglia e perché

  • A Houston: Kevin Durant e Clint Capela aggiungono punti e rimbalzi a un gruppo giovane ma competitivo.
  • A Phoenix: arrivano Jalen Green, Dillon Brooks e la decima scelta assoluta Khaman Maluach, pezzi ideali per rifondare intorno a Devin Booker.

Altre pedine hanno fatto rotta su destinazioni differenti: i Warriors hanno inserito Alex Toohey, i Timberwolves Rocco Zikarsky, i Nets un paio di seconde scelte, i Lakers Adou Thiero. Ogni movimento ha una logica finanziaria oltre che tecnica: diminuire il peso salariale oggi per avere flessibilità domani, oppure puntare su giovani contratti rookie che costano meno ma garantiscono margine di crescita.

Uno dei passaggi chiave è l’uscita di Jalen Green da Houston: scelta emotivamente difficile, ma ritenuta necessaria dal GM Rafael Stone per aprire lo spazio che accoglie Durant. “Talvolta serve rinunciare a un talento in ascesa per prendersi un campione già pronto”, ha commentato alla stampa texana. Sul piano tecnico, Coach Ime Udoka potrà ora schierare quintetti con tre realizzatori d’élite (Durant, VanVleet, Thompson) senza sacrificare la protezione del ferro grazie al ritorno di Capela.

Cosa cambia per Houston e Phoenix

Per i Rockets l’obiettivo è dichiarato: contendere il titolo già nella stagione 2025-26. Durant, sotto contratto a 54,7 milioni garantiti con opzione di estensione biennale, aggiunge un volume di punti affidabile nei finali e porta in spogliatoio la credibilità di due titoli vinti in carriera. L’organico texano aveva chiuso al 57-25 lo scorso campionato, ma era uscito in semifinale di conference per mancanza di esperienza nei possessi decisivi; il nuovo innesto punta proprio a colmare quel vuoto.

Phoenix, invece, cambia identità: con Green e Brooks ottiene energia perimetrale e difesa, oltre alla pick n. 10 già spesa su Maluach, lungo di Duke considerato un prospetto difensivo d’élite. La dirigenza ha ammesso che l’epoca dei “tre pistoleri” Booker-Beal-Durant era economicamente insostenibile, soprattutto con un payroll proiettato oltre i 200 milioni lordi nel 2026. Ora l’orientamento è costruire un nucleo più giovane e flessibile, sapendo che le penali di luxury tax possono raddoppiare il costo di ogni dollaro speso oltre la soglia.

 

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