Giacomo Zatti è stato intervistato da Luca Bortolotti su Repubblica.
Un estratto delle parole dell'ex play Fortitudo.

Come si viveva dalla riva di Bologna 2?
C'era divario, noi eravamo più poveri, ma non si stava così male, dopo vent'anni la Virtus l'abbiamo pure sorpassata, per me è stata un'epoca felice. Ma le regole erano diverse da ora che tra Al e A2 c'è enoene distacco, ed era un altro modo di vivere lo status da secondi: per noi era divertimento, goliardia. Ho amici virtussini che conosco dal liceo, ne ho rivisti alcuni di recente e abbiamo riso su quei tempi. La città era divisa nel tifo, ma unita nel prendersi in giro, non c'erano le esasperazioni e gli estremismi visti in anni successivi quando anche la
Fortitudo è diventata potente e ricca con giocatori star. Noi eravamo i ragazzi che un tempo andavano a palazzo a tifare e poi ci finivano a giocare, i tifosi erano nostri amici. Dopo le partite andavamo fuori a divertirci con loro, in settimana si mangiava assieme, eravamo un tutt'uno. Ma uscivo anche con virtussini, in campo c'era rivalità, si giocava all'ultimo sangue e tutto sfociava in una serata a bere.


Allora i soldi contavano meno, c'erano vivai più floridi forse perché si giocava di più a basket. In città tutti i ragazzi lo facevano, i playground erano sempre pieni, ora li vedo semivuoti, se non chiusi. I ragazzi guardano la Nba, giocano a basket alla Playstation, ma al campetto vanno poco. E così vincono sempre le squadre con budget enorme che comprano dall'estero: ridurre il gap sarà difficile. Oggi io mi rivedo in Fantinelli, nel suo modo di fare da uno come me passato dagli spalti al campo, nell'attaccamento alla maglia, nella voglia di lottare. So che il raduno è stato alla Furia, un luogo di ricordi favolosi: per me era il centro di tutto, casa e bottega, mi trovavi sempre lì, quel campo era un godere.

Al raduno 300 tifosi ad applaudire la squadra. Non scontato...
Affatto, anche se il popolo Fortitudo si fa sentire più forte proprio negli anni di difficoltà. Saremo la squadra numero 2, ma per passione vogliamo essere la numero 1, anche se siamo come le macchine che vedi qui a Santo Domingo: sgangherate, con pezzi mancanti, ma stanno a cuore alla gente. Ripartire dalla A2 è magari il bagno di umiltà che darà lo spirito giusto, poi servono anche i risultati, non bisogna essere ciechi ed adagiarsi.

Fosse a Bologna, farebbe l'abbonamento?
Certo, può essere un anno bello e divertente, qui ci si esalta di più a vedere ragazzi di lotta che giocatori forti ma senza legame con la città: meglio dieci leoni che dieci professori.

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